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Informazione sul DIY in Italia
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Dal 1974, anno di inizio del fai da te in Italia e dell’analisi oggetto di questo volume, ad oggi, 2004, molte cose sono cambiate, tra queste è sicuramente cambiato l’approccio degli italiani con la casa, la sua manutenzione e la sua trasformazione da bene funzionale a luogo di ricerca e di esternazione del proprio stile personale, esattamente come l’abbigliamento e l’acconciatura.

Oggi è sempre più importante il particolare in quanto termometro per la misurazione dello stile di una persona: l’orologio e le scarpe aiutano a definire la personalità dell’uomo e della donna moderni, l’autovettura non più, anzi una macchina ostentatamente “ricca”, che trent’anni fa era chic oggi è out.

La casa, dopo averla acquistata negli anni ’70 e ’80 e finalmente estinto il mutuo (oggi l’81,4% degli italiani abitano in una casa di proprietà, tra questi il 13,1% sta pagando un mutuo), diventa un bene da curare e da mostrare.

E’ sintomatico in questo senso il format del reality televisivo “I Fantastici 5“, di grande successo negli Stati Uniti e quindi esportato in Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca e dal dicembre 2004 anche in Italia da La7 (la rete televisiva nazionale, di proprietà Telecom, indubbiamente più chic d’Italia).

Il reality è animato da 5 professionisti del gusto, dichiaratamente gay (Alfonso Montefusco, Guido T. Oliva, Marco Terzulli, Massimo de Pietro, Mattia Boschetti), che hanno il compito, in sole 12 ore, di “risistemare” lo stile del protagonista in funzione di un obbiettivo che esso stesso vuole raggiungere.

Per esempio, nella prima puntata lo scopo era quello di stupire la fidanzata in vista di una richiesta di convivenza.

Al di là comunque del format televisivo in sé, quello che voglio sottolineare sono le cinque categorie di intervento sulle quali i cinque esperti intervengono per migliorare lo stile del protagonista: beauty (l’estetica del corpo, barba, capelli, rughe.

“La barba di due giorni da un aspetto trendy, quella di un giorno fa marito infedele, quella di tre fa clochard”);  food & wine (la preparazione della cena – fai da te – e la scelta del vino, “Troppo facile stupire con il caviale, trendy è riuscire a preparare una cena con quello che hai in frigo.”); fashion (l’abbigliamento. “Essere fedeli a se stessi con un occhio al presente. La moda del momento passa, il tuo stile resta.”); lifestyle (il comportamento. “Non è trendy leggere l’ultimo bestseller, ma averlo letto l’anno scorso.”) e infine, a completamento del lavoro sullo stile del protagonista, l’interior design (la casa e la sua sistemazione. “Una parete vuota è meglio di una parete in serie. Se non puoi permetterti un bel quadro, non sostituirlo con un poster.”).

La famiglia italiana in questi ultimi dieci anni si è trasformata. I dati Istat ci indicano che a fronte della crescita zero (per la precisione 0,38% nel decennio 1991/2001) della popolazione, derivante dal calo delle nascite (il dato sarebbe certamente negativo se non ci fosse stata l’immigrazione extracomunitaria), si registra un significativo incremento del numero di nuclei familiari (oltre 22 milioni nella media 2002/2003, contro i circa 19 milioni del 1991), causato da una contrazione della loro dimensione: 2,6 è il numero medio dei componenti, contro gli oltre 3 di dieci anni fa. Il 25,4% di tali nuclei familiari è rappresentato da single, per un totale di 5 milioni e 624 mila individui, contro il 21,1% del 1994.

Quella da sempre considerata la famiglia tradizionale (marito, moglie, figli e magari una nonna) è sempre meno diffusa, mentre crescono le nuove tipologie familiari: libere unioni o convivenze more uxorio, cioè unioni non sancite dal matrimonio, e le famiglie “ricostituite“, cioè formatesi dopo lo scioglimento di una precedente unione coniugale di almeno uno dei due partner. Nel 2002/2003 le libere unioni sono state 564 mila; di queste il 46,7% costituite da coppie in cui almeno un componente ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale.

Cresce il numero dei single, che oggi rappresentano il 25,4% delle famiglie per un totale di 5 milioni e 624 mila individui (erano il 21,1% nel 1995).

Le coppie con figli rappresentano la tipologia quantitativamente più rilevante, nonostante continuino a diminuire (dal 62,4% del 1994/95 al 58,7% del 2002/2003).

Il calo della fecondità, oltre a produrre una diminuzione del numero delle coppie con figli, favorisce un costante aumento del peso delle coppie con un solo figlio (dal 43,4% al 45,1% del totale delle coppie con figli) e la diminuzione delle coppie con tre o più figli.

Inoltre, per effetto della prolungata permanenza nella famiglia di origine, aumentano le coppie i cui figli conviventi più piccoli hanno un’età superiore ai 24 anni (dal 14,3% al 20,7%), riducendosi, di conseguenza il numero delle coppie giovani (età della donna compresa tra i 15 e i 34 anni), che passano dal 24,2% al 17,8%.

La condizione di single riguarda in misura differenziata uomini e donne nelle varie fasce di età.

Fino a 44 anni è più diffusa tra gli uomini (8,1 per cento rispetto al 5 per cento delle donne), mentre nelle età  successive la proporzione di donne sole aumenta fino a diventare nettamente superiore a quella degli uomini nelle età anziane (nella classe di età 65 e più gli uomini soli sono il 13,5 per cento mentre le donne sole sono il 38,4 per cento).

Ciò fa sì che sul totale degli uomini single il 43,6 per cento ha meno di 45 anni, il 28,7 per cento ha tra 45 e 64 anni e il 27,8 per cento ha 65 anni e più.

La struttura per età  della donna single è completamente diversa: il 15,8 per cento ha meno di 45 anni, il 17,6 per cento ha tra 45 e 64 anni e il 66,6 per cento oltre 65 anni.

Queste differenze sono dovute principalmente all’effetto della più elevata speranza di vita femminile e alla età al matrimonio più bassa delle donne rispetto agli uomini.

Le donne che vivono sole sono vedove nel 61,8 per cento dei casi, separate o divorziate nel 11,1 per cento, nubili nel 27,1 per cento.

Gli uomini soli sono celibi nel 53,1 per cento dei casi, separati o divorziati nel 27,1 per cento e vedovi nel 19,7 per cento. La proporzione di separati e/o divorziati tra gli uomini soli si mantiene costantemente superiore a quella delle donne sole a tutte le età, anche perché più frequentemente, nel caso di separazione o divorzio, le donne si ritrovano a vivere con figli in nuclei monogenitori.

Questa nuova tipologia di famiglia, o per meglio dire di nucleo familiare, ha modificato nel tempo anche i propri consumi.

Nel 2004, per la prima volta, la spesa alimentare ha avuto una leggera flessione, a fronte di una generale tenuta dei non alimentari.

Quello che comunque è interessante mettere in evidenza per quel che riguarda le nostre considerazioni è il grande peso che la casa ha sul totale della spesa di una famiglia italiana: oltre al 24,9% addebitabile all’affitto (vero o simulato dall’Istat per i proprietari), alle spese condominiali e alle spese ordinarie (ecco un primo riferimento per il nostro bricolage) e straordinarie, le voci più interessanti sono quelle che riguardano “arredamento, elettrodomestici e servizi per la casa” (6,2%) e “tempo libero e cultura” (4,8%).

Famiglie che effettuano interventi di manutenzione nei tre mesi precedenti l’intervista e spesa media effettiva per intervento. Anni 2001/2003, percentuali rispetto al totale delle famiglie e valori in euro – (Fonte: ISTAT)

INTERVENTI DI MANUTENZIONE
Famiglie
2001
Spesa
2001
Famiglie
2002
Spesa
2002
Famiglie
2003
Spesa
2003
Tinteggiatura e parati
4,9 470 4,2 483 4,2 541 
Riparazione impianto idrico,
sanutario, riscaldamento
4,4 347 3,8 420 4,0 428 
Riparazione impianto elettrico
1,1 253 1,0
335
1,0
423
Porte, infissi, pavimenti
1,9
619
1,7
856
1,6
809
Rifacimenti esterni
2,4
2.215
2,1
2.285
2,0
2.667
Rifacimenti interni
0,9
1.981
0,7
2.591
0,7
2.370
Sostituzione porte e finestre
0,8
1.790
0,6
2.035
0,6
1.756
Rifacimento o installazione
impianto di riscaldamento
0,8
1.756
0,8
1.898
0,8
1.693
Rifacimento impianto idrico
e/o sanitario
0,9
1.636
0,8
1.698
0,7
2.127

Nell’ambito dei consumi delle famiglie italiane, in un momento di crisi evidente, è estremamente importante e interessante notare l’attenzione che esse dedicano alla tecnologia e ai prodotti ad essa collegati.

Questo aspetto deve essere oggetto di indagine anche per il mercato del bricolage sia perché denota una propensione degli italiani verso prodotti dal contenuto tecnologico (per rimanere nel nostro settore basti pensare al successo della livella laser), ma anche perché ci offre utili indicazioni relativamente ai media più opportuni su cui veicolare la comunicazione di settore e di ogni singola azienda.

Le parabole installate per la ricezione satellitare, tra private e condominiali, in Italia sono circa 5 milioni e gli abbonamenti a Sky Italia, unica piattaforma televisiva satellitare presente in Italia, si sono avvicinati alla fine del 2004 a quota 3 milioni.

Il disavanzo tra i circa 5 milioni di parabole e gli abbonamenti a Sky rappresenta quella quota di persone che hanno rinunciato alla pay TV dopo la chiusura di Telepiù e Stream, rifiutandosi, legittimamente s’intende, di commutare il proprio contratto su Sky ma comunque mantenendo l’ di impiantoparabola e decoder in casa per accedere ai canali satellitari in chiaro non compresi nel bouquet di Sky (per esempio Rai Sport Satellite e molti altri), alle quali vanno aggiunte le persone che hanno scoperto una vera passione per la ricerca e la visione dei canali satellitari di tutto il mondo (anche in questo caso non serve l’abbonamento a Sky), quelle che hanno maturato la passione per l’offerta porno, particolarmente ricca di diversi canali satellitari e, infine, quelle che, nonostante l’illegalità e gli ostacoli tecnologici riescono ancora oggi a vedere i canali a pagamento senza essere abbonati.

Quest’ultimo è evidentemente il fenomeno della pirateria, che in Italia, e solo in Italia (negli altri Paesi europei questo problema non si è presentato), ha rappresentato nei primi anni di pay TV un serio ostacolo allo sviluppo corretto del settore.

Oggi il fenomeno della pirateria appare molto ridimensionato.

Ancora più importante è la penetrazione nelle case di computer e internet. Secondo i dati annunciati dal Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, sono oltre il 50% delle famiglie italiane che possiedono un personal computer, con un aumento del 24% rispetto a due anni fa. Un trend, quello del personal computer, che non dimostra segni di cedimento, anzi nel corso del 2003 si è verificato uno storico sorpasso: sono stati venduti in Italia 3.658.088 personal computer, contro 3.529.000 televisori.

E il divario – ha dichiarato il ministro – è destinato a salire. Le stime per il 2004 parlano di quasi 4 milioni di pc venduti, contro circa 3 milioni e mezzo di tv“.

In questo 50% di famiglie che posseggono un computer circa il 75%, secondo i dati Eurisko relativi al primo trimestre del 2004, si sono dotate di un collegamento a internet e il 42% accede con una certa continuità alla rete.

Sul numero degli italiani che si collegano, consultano, usano internet almeno una volta al mese se ne sono dette e lette tante.

Ritengo che la cifra più realistica da considerare sia intorno ai 14 milioni di persone, dato su cui convergono sempre più istituti di ricerca, di queste, 9 milioni si collegano almeno una volta alla settimana e 4 milioni si collegano tutti i giorni.

Numeri importanti soprattutto se si considera la rapidità del trend di crescita (nel 2000 gli utenti internet erano poco più della metà rispetto agli attuali) e le potenzialità del prossimo futuro che possono far prevedere un ulteriore sviluppo che potrebbe portare nei prossimi 5 anni il numero di utenti intorno alle 24 milioni di unità, raggiungendo quello che si può presumere il livello di saturazione della rete per quanto riguarda il mercato italiano.

Ricordiamoci che quasi un 30% delle famiglie che posseggono un collegamento a internet attualmente non lo usano, ma con la crescita, auspicabile e necessaria, dei contenuti e dei servizi offerti dagli operatori della rete, lo useranno.

Il dato nazionale, se declinato a livello regionale evidenzia una differenza piuttosto significativa (7 punti percentuali) tra le regioni del nord (34,8%) e il mezzo giorno (28,1%), con l’unica eccezione rappresentata dalla regione Campania che si colloca a quarto posto con un 33,5%.

A fronte del grande successo e della continua penetrazione di internet nelle famiglie, bisogna rilevare una scarsa sensibilità verso l’innovazione da parte delle imprese italiane.

E’ interessante rilevare come gli accessi alla rete, che fino al 1998 erano superiori dall’ufficio rispetto che da casa, oggi risultano assai più numerosi (più del doppio) dal computer casalingo.

Molte sono le imprese italiane che non consentono il collegamento a internet dei computer dei propri dipendenti (si salvano giusto i dirigenti) perché ritengono che questo porti inevitabilmente ad una perdita di tempo sul lavoro.

E’ un po’ lo stesso tipo di mentalità imprenditoriale che negli anni ’80 vedeva l’installazione dei distributori automatici di caffè o di bevanda in azienda una fonte di dispersione del tempo da dedicare al lavoro.

Il tempo, le esperienze e le riflessioni sulla cosiddetta “total quality” hanno fatto poi capire che non è così, anzi.

Per quanto riguarda l’uso di internet sono anche state fatte alcune ricerche che hanno dimostrato che l’uso personale della rete dall’ufficio è inferiore al 25% rispetto alla durata totale del collegamento (più del 75% è comunque dedicato alla ricerca a favore del lavoro in azienda).

Anche questo dato, pur se in minima parte, si ripercuote sulla composizione del target rappresentato dagli utenti di internet. Infatti, a fronte di percentuali di utilizzo di internet tra i giovani: 68,1% dei ragazzi tra i 18 e i 20 anni, si scende al 38,9% nella classe d’età 36-40, con gli utenti quarantenni che risultano essere, con il 37,5%, poco al di sopra della media.

Utenti internet per generazioni (Fonte: Censis-Forum P.A. – aprile 2003)

Categorie
Classi di età
% di utilizzatori di internet
Giovanissimi 18-20 anni
68,1
Giovani
21-30 anni
54,8
 31-35 anni
52,7
Adulti
36-40 anni
38,9
 41-50 anni
37,5
Media italiana
 32,0
Adulti maturi
50-60 anni
16,6
Anziani giovani
61-70 anni
6,1
Anziani
oltre 70 anni
2,7

In sostanza possiamo rilevare come internet non sia più considerabile come un medium per pochi, anche se non è ancora arrivato ad essere un medium per tutti.

Sulla base di questi dati la sensazione che si percepisce è che l’apparecchio televisivo è sempre meno centrale, sempre meno focolare domestico per le famiglie italiane.

Nel secolo scorso, cioè fino a cinque anni fa, la televisione non era vissuta come un elettrodomestico bensì come un membro della famiglia che, a buon diritto, si sedeva a tavola con papà, mamma e figli a pranzo e a cena.

Oggi è sempre meno così: la sua importanza non è più significativa in quanto tale, in quanto televisione, ma in quanto schermo, in quanto apparecchio che consente di accedere a un’offerta sempre più ampia e diversificata di contenuti.

La rivoluzione del telefonino che ha portato gli italiani a imparare che un tasto non è più legato a due sole funzioni (on/off) ma a molte altre, ha inciso sulla cultura globale di approccio alla tecnologia, con il conseguente sviluppo dell’elettronica nelle case.

Quindi la televisione oggi, e  lo sarà sempre di più in futuro, è riconosciuta come mezzo e non più come contenuto.

Marshall Mc Luhan (grande sociologo nato ad Edmonton nel 1911) già trent’anni fa diceva che

La luce elettrica non appare a prima vista un medium di comunicazione proprio perché non ha contenuto. Soltanto quando viene usata per diffondere il nome di una marca, ci si accorge che la luce elettrica è un medium“.

Oggi si comincia ad avere la coscienza che la televisione è uno schermo, ci si accorge  che è un medium quando viene collegato ad un erogatore di contenuti: l’antenna per i programmi della TV generalista, il decoder per l’offerta dei canali satellitari, la consolle per i videogiochi, il lettore di DVD, il videoregistratore, Fastweb, Televideo.

Era l’unicità di un’offerta importante come la comunicazione che portava la televisione ad essere diversa dagli altri elettrodomestici, ad essere un punto centrale, come anticamente era solo il tavolo da pranzo, per l’aggregazione della famiglia.

Non è più così.

La televisione non aggrega più, anzi tende a creare conflitto. Difficilmente, considerando le tante cose che si possono fare con quello schermo, esiste concordia tra i vari membri di una famiglia su come usarlo insieme.

Nell’indagine “I cittadini e le tecnologie della comunicazione” l’Istat evidenzia come “aumentano considerevolmente dal 1995 al 2000 le persone che guardano la TV da sole… e soprattutto sembra in crisi il modello della famiglia riunita dopo cena davanti al televisore, poiché aumentano le persone che vedono la Tv da sole dopo cena (dal 12,1% del 1995 al 20% del 2000) e parallelamente in questa fascia oraria diminuiscono le persone che vedono la TV con i familiari (meno 11 punti percentuali)”.

Tanto è vero che la stessa indagine evidenzia come nel 2000 le famiglie italiane che possedevano 2 o più apparecchi televisivi erano il 57,3% del totale, con picchi del 64,8% nelle regioni centrali e del 61,5% in quelle nord orientali.

A fronte di questa perdita del luogo fisico davanti al quale ritrovarsi, la famiglia italiana, cattolica e con una vita propria che esula e comprende tutti i suoi componenti, sembra comunque reagire cimentandosi nella ricerca di centri alternativi di aggregazione.

Il fenomeno che sta molto lentamente accadendo mi sembra altamente positivo perché può rappresentare un momento di crescita importante nei rapporti interni alla famiglia, soprattutto tra genitori e figli.

Infatti, mentre si sta chiudendo l’era della televisione in quanto momento in cui guardare ed ascoltare qualcosa insieme, si sta aprendo, grazie alla straordinaria penetrazione del computer e di internet nelle case l’era del fare qualcosa insieme.

Il computer e internet consentono di scambiarsi informazioni, di giocare, di ascoltare musica, di suggerirsi siti umoristici o documentaristici o semplicemente interessanti da visitare.

Il tutto rispettando quello che oggi, soprattutto per i genitori ma anche per i figli, è un valore, cioè la velocità.

Contrariamente agli altri media l’offerta di qualsiasi contenuto internet, salvo eccezioni, è caratterizzata dalla brevità, quindi si può passare da un sito ad un altro, da un immagine a un’altra, da un gioco a un altro con grande velocità.

E’ esattamente l’opposto della televisione che richiede invece un’attenzione prolungata.

Il vecchio telecomando è sostituito dal mouse, con la differenza epocale che mentre il telecomando era lo scettro del padrone di casa, il mouse è tendenzialmente guidato dal figlio generando così una crescita della propria autostima e della stima del genitore.

Su questo tema sono interessanti i risultati raggiunti da Eurisko nell’ambito di un’indagine sul valore che gli strumenti tecnologici stanno assumendo all’interno delle mura domestiche.

Lo studio è stato condotto su genitori e figli con un’età compresa tra i 15 e i 17 anni, per un totale di 3,6 milioni di persone.

Due le fasi principali: un’analisi qualitativa che ha visto coinvolti alcuni gruppi, e una quantitativa condotta su 500 genitori di varia estrazione sociale e culturale.

All’interno di questo ampio panel il primo dato da registrare è un incoraggiante 46% di genitori che usano il computer anche a casa, contro un 28% che invece lo usa solo in ufficio.

“Ed è proprio intorno all’uso del computer – spiega Eurisko –  che in molte famiglie scatta la scintilla che alimenta un canale di comunicazione e condivisione relativo alle ricerche su internet, all’attività ludica, all’utilizzo di programmi specifici per l’elaborazione delle foto o ai device per l’ascolto della musica. Tant’è che il computer è visto dai genitori come tecnologia “buona” che permette di essere sempre aggiornati. E’ un valido supporto per lo studio“.

Probabilmente il mercato del bricolage potrebbe trovare in internet un supporto molto importante alla comunicazione.

Infatti soddisfa tutte le esigenze da sempre ricercate dagli uomini di marketing del bricolage: è un media economico, da la possibilità di offrire didattica, consente di creare comunità, si può configurare come un servizio di consulenza personalizzata al consumatore e, se ben progettato, può incidere in maniera significativa sull’immagine e sulla reputazione del brand dell’azienda o dell’insegna distributiva.

La difficoltà, oggi, di utilizzare internet in maniera proficua ed efficace per la comunicazione risiede nella sostanziale assenza, in Italia, di esperti nella comunicazione in rete.

Internet, come peraltro tutti gli altri nuovi media (satellite/TV tematiche, digitale terrestre/interattività, ADSL/collegamento internet veloce e video on demand), soffre dell’incompetenza di chi lo gestisce.

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