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Consumo intelligente del suolo
Come accade sempre più spesso le strade imboccate dall’amministrazione politica del nostro Paese e dai normali cittadini divergono sensibilmente. In questo caso vogliamo fermare l’attenzione su due fenomeni di attualità, certificati da indagini qualificate, assolutamente divergenti sul consumo di suolo.
Da un lato infatti l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), con gli ultimi dati pubblicati, certifica che il consumo di suolo in Italia (un modo elegante per non pronunciare la parola “cementificazione” – n.d.r.) continua a crescere in modo significativo.
Tra il 2008 e il 2013 il fenomeno ha riguardato mediamente 55 ettari al giorno, con una velocità compresa tra i 6 e i 7 metri quadrati di territorio che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo.
Un consumo di suolo che continua a coprire, quindi, ininterrottamente, notte e giorno, aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade, a causa di nuove infrastrutture, di insediamenti commerciali, produttivi e di servizio e dell’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità.
La cementificazione cresce costantemente
I dati mostrano come a livello nazionale il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7,0% stimato per il 2014, con un incremento di 4,3 punti percentuali.
In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 21.000 chilometri quadrati del nostro territorio.
L’area più colpita risulta essere il Settentrione, con una differenziazione di crescita tra est ed ovest: se fino al 2008 il Nord-Est aveva velocità di crescita maggiore, negli ultimi anni, nelle regioni del Nord-Ovest il trend del consumo di suolo mostra un’accelerazione, mentre il Triveneto e l’Emilia Romagna seguono, nel complesso, l’andamento generale, con una certa tendenza al rallentamento della velocità di trasformazione.
Inoltre, se negli anni ’50 il Centro e il Sud Italia mostrano percentuali di suolo consumato simili, successivamente il Centro si distacca con valori in netta crescita, raggiungendo i valori medi nazionali che, nel complesso, hanno un andamento piuttosto omogeneo. Impressionante è la percentuale di suolo “consumato” nella provincia di Monza e Brianza, pari al 34,7%.
Il fenomeno degli orti urbani
Un atteggiamento totalmente contrario alla cementificazione sembra invece emergere da parte dei cittadini che, in maniera sempre più massiccia, si orientano a destinare il proprio tempo libero alla coltivazione di verdure nell’orto.
Secondo una recente indagine condotta dal Censis per Coldiretti il 46,2% degli italiani afferma di coltivare da sé piante e/o ortaggi soprattutto per la voglia di mangiare prodotti sani e genuini (25,6%), ma anche per passione (10%) e in piccola parte per risparmiare (4,8%).
Secondo questa ricerca si tratta di un interesse che ha una diffusione trasversale tra uomini e donne, fasce di età e territori di residenza anche se dall’analisi emergono aspetti sorprendenti: la percentuale è più alta tra i giovani rispetto agli anziani e tra le donne rispetto agli uomini. Tra i giovani di età compresa tra i 18 ed i 34 anni la percentuale sale addirittura al 50,8%.
Gli italiani si dedicano al lavoro nell’orto nei giardini e nei terrazzi privati, ma anche nei terreni pubblici o nelle aziende agricole.
Nonostante le normative in tema di assegnazione di orti urbani lascino un po’ a desiderare e soprattutto sono enormemente frammentate: ogni regione, ogni provincia e ogni comune legiferano come meglio credono, bisogna rilevare come mai come in questi ultimi anni, così tante aree verdi sono state destinate ad orti pubblici nelle città capoluogo, dove si è raggiunto il record di 3,3 milioni di metri quadri di terreno di proprietà comunale divisi in piccoli appezzamenti e adibiti alla coltivazione ad uso domestico, all’impianto di orti e al giardinaggio ricreativo.
Il dato proviene da un’analisi della Coldiretti in occasione della presentazione della prima rete di “tutor dell’orto” promossa dalla Fondazione Campagna Amica sulla base del rapporto Istat sulla qualità del verde urbano del 2014, dalla quale si evidenzia che gli orti urbani in Italia sono addirittura triplicati in due anni.
“A livello nazionale – precisa la Coldiretti – sono 57 le amministrazioni comunali capoluoghi di provincia che hanno messo a disposizione orti urbani per la cittadinanza. Si tratta in media di una percentuale pari a poco meno del 50 per cento del totale ma esiste una forte polarizzazione regionale con la percentuale che sale all’81 per cento nelle città del Nord (oltre che a Torino, superfici consistenti sono dedicate anche a Bologna e Parma, entrambe intorno ai 155 mila metri quadrati), meno di due città capoluogo su tre al Centro Italia hanno orti urbani, mentre nel Mezzogiorno sono presenti solo a Napoli, Andria, Barletta, Palermo e Nuoro, secondo l’Istat. A questi spazi “legali” se ne aggiungono altri occupati forzatamente da gruppi spontanei, spesso giovanili, con le tecniche di “guerrilla gardening” che possono essere adottate da quanti non hanno spazi disponibili per piantare ortaggi e frutta nei terreni nei centri delle città”.
Marzo 2016
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