Notizie di mercato
La centralità del contenuto nella comunicazione multimediale
QUELLO CHE SEGUE È IL CAPITOLO 19 DEL LIBRO “TIME OUT: UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA TV SATELLITARE, INTERNET E IL DIGITALE TERRESTRE TRA TECNOLOGIA, POLITICA E CONTENUTI”, SCRITTO DA MAURO MILANI NEL 2005.
Il contenuto ha valore in quanto tale, il media che viene utilizzato comporta semplicemente una declinazione dello stesso, nel linguaggio di comunicazione più adatto al o ai media prescelti.
I media oggi sono molti, o forse sarebbe più chiaro dire “multi”, ma se il contenuto non è multimediale, cioè declinabile in molti media, la multimedialità rimane un oggetto di cui discutere ai convegni.
E’ evidente che il linguaggio e la modalità di comunicazione di internet sono straordinariamente diversi rispetto a quelli della televisione o della carta stampata. Però è altrettanto vero che il contenuto in se non cambia. Il come fare un origami che rappresenta una rana, oppure come verniciare gli stipiti delle finestre, oppure raccontare le radici del successo del design italiano nel mondo, sono tutti temi che comunque devono essere svolti, saranno poi le nostre esigenze di comunicazione, l’entità del budget che avremo a disposizione e l’analisi della penetrazione dei diversi media nel nostro target di riferimento a farci scegliere se trasformare il nostro contenuto in un articolo illustrato, in un filmato o in una pagina internet.
Il contenuto moderno non può altro che essere tematico e orientato ad un “frammento” di pubblico che deve essere messo finalmente nelle condizioni di costruirsi per davvero il proprio “palinsesto multimediale“, sulla base delle proprie esigenze sia di orario che informative.
Per palinsesto multimediale intendo la costruzione di un’offerta tematica di comunicazione che raggiunge il massimo dell’approfondimento sfruttando tutti i media che si possono avere a disposizione.
Oggi la singola notizia non ha più senso se lasciata navigare da sola nel grande mare magnum della comunicazione e dell’informazione proposta ogni giorno, deve invece essere parte di un sistema di comunicazione che consenta l’approfondimento, la soddisfazione della curiosità e la necessità di utilità e di servizio.
La pubblicità troverà la massima soddisfazione nell’inserimento nel suo sistema di comunicazione di riferimento. Mi spiego meglio con un esempio molto semplice. Prendiamo come contenuto di base sul quale far lavorare la redazione per raccogliere informazioni, materiali e curiosità: una rosa. La regina dei fiori, ricca di fascino e di storia. Partiamo, da inesperti, da un evento importante e spettacolare e che, come i giornalisti ben sanno potrà essere propedeutico a capire qualcosa in più sull’oggetto dell’indagine. Partiamo dal grande concorso, che ogni mese di maggio a Monza, ospita florovivaisti di tutto il mondo che mostrano, ogni anno, circa 4.000 nuove varietà di rose. Il concorso si svolge nello splendido roseto “Niso Fumagalli” (uno dei capostipite della famiglia Fumagalli, imprenditori noti in tutto il mondo con il marchio Candy) inaugurato nel 1970 dalla principessa Grace di Monaco. Il premio per il vincitore del concorso è la riproduzione in forma ridotta in oro e pietre preziose della corona della regina Teodolinda (l’originale è custodita nel Duomo di Monza). Già queste primissime informazioni possono generare interesse e curiosità: le 4.000 nuove varietà ogni anno mi appaiono come un’enormità; la passione della famiglia Fumagalli (famiglia importante per l’economia italiana e fondamentale per l’economia brianzola) mi sembra curiosa; la regina Teodolinda mi ricorda che Monza non è l’appendice dell’autodromo in cui si svolge ogni anno il Gran Premio di Formula Uno, ma è un pezzo di storia italiana. Sempre in tema di storia, la rosa ha sicuramente un ruolo da protagonista: si dice sia stato Sargon I, re di Babilonia, a promuovere per primo la coltivazione della rosa intorno al 2300 a.C., da lì in poi la rosa è apparsa nel Vecchio Testamento, nel Cantico dei Cantici, nelle tombe egiziane e negli scritti di Saffo, Catullo, Virgilio, Ippocrate, fino a Dante Alighieri che paragonò l’amore paradisiaco al centro di una rosa. Shakespeare, D’Annunzio, Pascoli, Pasolini e Umberto Eco hanno usato la rosa per raccontare storie ed emozioni.
Ma la rosa è anche parte importante della simbologia di molti popoli, la troviamo su molte bandiere e su molti stemmi. La rosa per i popoli occidentali è paragonabile al loto per gli orientali: un insieme di spiritualità e di terreno che designa la perfezione assoluta. Ma la rosa è anche arte e musica (chi non conosce la canzone “La vie en rose”?).
Ma la rosa è anche economia: in Italia esistono 49.000 florovivaisti che, con circa 100.000 occupati, sviluppano un giro d’affari di 2.439 milioni di euro. La regina dei fiori è forse ancora più importante nella zona della Valle delle Rose in Bulgaria dove viene prodotto il 70% di olio di rose destinato all’industria profumiera di tutto il mondo. Senza contare il consumo di acqua di rose che le donne del pianeta fanno registrare ogni anno per uso cosmetico in quanto struccante. Ma la rosa è anche buona da mangiare: i petali di rose possono essere fritti, glassati, usati per fare la marmellata di rose, il risotto alle rose o una meravigliosa torta.
Uno degli ingredienti più importanti dell’alchermes e proprio l’acqua di rose, mentre famosa in tutto il mondo è la grappa alle rose sovente proposta dalla cucina cinese.
Tutto ciò per dimostrare che territorio, storia, ambiente, economia, cultura, arte, e tanto altro ancora si intrecciano e si sostengono esprimendosi nella realtà in un tutt’uno.
La comunicazione invece ha sempre sottolineato un piccolo aspetto di una realtà complessa e composita cercando, giustamente, di spettacolarizzarlo per renderlo interessante al proprio pubblico.
Oggi l’abbondanza dei mezzi di comunicazione che si hanno a disposizione, consente di allargare il raggio offrendo la realtà in tutta la sua complessità. L’esempio della rosa credo faccia ben capire come lo stesso argomento può essere approfondito e diversamente trattato da ciascun media, infatti se la diretta del concorso al roseto “Niso Fumagalli” è assolutamente televisiva, non altrettanto lo è l’elenco delle 4000 varietà o la situazione delle esportazioni, mentre la resa emozionale della fotografia di un bella rosa stampata su carta patinata è unica.
Per questo occorre creare le giuste sinergie tra i media e pensare alla comunicazione come un universo di sistemi. Proprio sulle caratteristiche che deve avere il contenuto nei diversi media, particolarmente interessanti sono gli esiti di una ricerca svolta dal Censis sulla popolazione giovanile (dai 14 ai 30 anni), una fascia d’età grande consumatrice di comunicazione e molto avanzata sul fronte tecnologico per il forte uso sia di telefono cellulare che di computer e internet.
Una fascia d’età che sembra avere le idee piuttosto chiare su quelle che devono essere le caratteristiche prioritarie dei media, qualsiasi essi siano: flessibilità, autorevolezza e serietà professionale sono un punto di partenza indispensabile.
Fasce d’età | Genere | ||||
Preferisco i media che … | 14-18 | 19-24 | 25-30 | Uomo | Donna |
Offrono molti temi diversi e mi lasciano la libertà di scegliere | 92,7 | 94,0 | 89,4 | 94,5 | 91,8 |
Consentono di approfondire le notizie che mi interessano | 88,5 | 86,3 | 85,1 | 82,1 | 90,8 |
Permettono di essere aggirnati sui fatti, anche senza approfondimento | 78,7 | 79,4 | 80,6 | 77,3 | 82,3 |
Si propongono in maniera seria e autorevole | 69,3 | 73,6 | 73,4 | 73,9 | 71,0 |
Si occupano di pochi temi alla volta e mi offrono una guida per capirli | 66,9 | 69,7 | 68,3 | 64,9 | 72,1 |
Aiutano a passare il tempo senza pensieri | 70,0 | 66,4 | 67,9 | 64,1 | 71,9 |
Coinvolgono emotivamente anche se richiedono concentrazione | 62,0 | 61,7 | 59,1 | 58,2 | 63,2 |
Tendono a proporsi in maniera ironica e leggera | 62,0 | 61,7 | 55,0 | 60,2 | 57,6 |
Richiedono un’attenzione costante | 61,3 | 55,7 | 57,9 | 59,9 | 56,0 |
Danno velocemente quello che mi serve, altrimenti mi annoio | 53,3 | 55,7 | 56,9 | 56,3 | 55,0 |
Anche la leggerezza, la velocità e la stessa superficialità non sono estranee alle richieste dei giovani ai media, purché si riesca a creare un coinvolgimento emotivo.
Molto importante è poi la richiesta dei giovani di poter scegliere dei percorsi personali, attraverso i quali approfondire le tematiche che più stanno loro a cuore. La caratteristica prima delle “guide” che possono accompagnare i giovani nei loro percorsi è l’autorevolezza. I giovani ricercano soggetti autorevoli che possano essere un riferimento per evitare di perdersi nel labirinto creato dall’abbondanza di media e di stimoli comunicativi.
Non necessariamente, anzi quasi mai, la guida è una persona fisica (la crisi del leader oggi è un dato di fatto): spesso è un marchio che ha conquistato credibilità e autorevolezza nel tempo.
Per esempio Google tra i motori di ricerca (che con 8,2 milioni di visitatori nel mese di aprile 2004 ha sorpassato Virgilio, Msn e Libero, diventando il sito più frequentato d’Italia) oppure MTV tra le televisioni, che si è imposta con la sua linea editoriale più che con i conduttori dei vari programmi.
Bisogna rompere lo steccato della concorrenza ritornando a mettere al centro il consumatore di comunicazione e non l’inserzionista pubblicitario. Chi gestisce la televisione generalista, quindi il 50% degli investimenti pubblicitari, deve smettere di arroccarsi combattendo battaglie politiche e di sottosuolo per mantenere questo privilegio, deve invece aprirsi al mercato, stimolare sinergie, sperimentare nuove modalità di comunicazione. Solo in questo modo potrà garantirsi il controllo futuro, altrimenti sarà destinato a perderlo perché i consumatori si muovono sempre più velocemente all’interno della sempre più vasta offerta, creando essi stessi contenuti e assumendo un ruolo di protagonisti attivi della comunicazione (alludo ai siti amatoriali, ai blog e ai newsgroup che già oggi sono una realtà importante nell’ambito della comunicazione web).
Per chiudere questo concetto di gestione sinergica dei media voglio proporvi un passo molto interessante e significativo di Georges Perec (1936-1982) che, nel preambolo al suo libro “La vita istruzioni per l’uso”, ben descrive l’essenza di un gioco celebre e, come vedremo molto vicino alle dinamiche di quella che io definisco la nuova modalità della comunicazione di sistema: si tratta del puzzle.
“All’inizio l’arte del puzzle sembra un’arte breve, di poco spessore, tutta contenuta in uno scarno insegnamento della Gestalttheorie: l’oggetto preso di mira – sia esso un atto percettivo, un apprendimento, un sistema fisiologico o, nel nostro caso, un puzzle di legno – non è una somma di elementi che bisognerebbe dapprima isolare e analizzare, ma un insieme, una forma cioè, una struttura: l’elemento non preesiste all’insieme, non è più immediato né più antico, non sono gli elementi a determinare l’insieme, ma l’insieme a determinare gli elementi: la conoscenza del tutto e delle sue leggi, dell’insieme e della sua struttura, non è deducibile dalla conoscenza delle singole parti che lo compongono: la qual cosa significa che si può guardare il pezzo di un puzzle per tre giorni di seguito credendo di sapere tutto della sua configurazione e del suo colore, senza aver fatto il minimo passo avanti: conta solo la possibilità di collegare quel pezzo ad altri pezzi e in questo senso l’arte del puzzle e l’arte del go (gioco giapponese nel quale, tra due o quattro giocatori, vince chi riesce a piazzare per primo cinque pedine in altrettante caselle consecutive orizzontali sopra una scacchiera che ne ha quattrocento – n.d.r.) hanno qualcosa in comune; solo i pezzi ricomposti assumeranno un carattere leggibile, acquisteranno un senso: isolato, il pezzo di un puzzle non significa niente; è semplicemente domanda impossibile, sfida opaca; ma se appena riesci, dopo molti minuti di errori e tentativi, o in mezzo secondo prodigiosamente ispirato, a connetterlo con uno dei pezzi vicini, ecco che quello sparisce, cessa di esistere in quanto pezzo…”.
Fino a concludere con un’interessante e stimolante riflessione. “L’arte del puzzle – continua Perec – inizia con i puzzle di legno tagliati a mano quando colui che li fabbrica comincia a porsi tutti i problemi che il giocatore dovrà risolvere … Se ne potrà dedurre quello che è probabilmente la verità ultima del puzzle: malgrado le apparenze, non si tratta di un gioco solitario: ogni gesto che compie l’attore del puzzle, il suo autore lo ha già compiuto prima di lui; ogni pezzo che prende e riprende, esamina, accarezza, ogni combinazione che prova e prova ancora, ogni suo brancolare, intuire, sperare, tutti i suoi comportamenti, sono già stati decisi, calcolati, studiati dall’altro.”
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