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Ethical Fashion ad AltaModaRoma

a cura di Bricoliamo.com Avatar photo

La XIV edizione della Manifestazione AltaModaRoma si è conclusa lo scorso febbraio con un bilancio estremamente positivo.

Quello che però ci interessa sottolineare è la presenza, all’interno della manifestazione fieristica di un progetto di assoluto valore.

Si tratta di Ethical Fashion, un progetto nato dalla collaborazione tra Alta Roma e ITC (International Trade Centre), agenzia dell’ONU (UNCTAD) e del WTO.

Lo scopo di Ethical Fashion è quello di favorire la produzione e il consumo di moda etica di alta qualità, realizzata con il concorso del lavoro di comunità svantaggiate in paesi africani.

Il progetto infatti coinvolge e sostiene le aziende del sistema moda che vogliono produrre moda responsabile in comunità dell’Africa sub-Sahariana, in modo da fornire un contributo concreto in termini di riduzione di povertà nonché di emancipazione e rafforzamento del ruolo delle donne, senza però rinunciare al glamour dei prodotti moda.

Il progetto a un anno dalla sua nascita coinvolge più di 700 microproduttori africani, per la maggior parte donne.

Entro il 2009 i lavoratori coinvolti saranno fra i 3.000 e i 3.500 e arriveranno a 15.000 in un orizzonte temporale da 3 a 5 anni.

Questa crescita deriva dalle numerose richieste pervenute dalle aziende italiane e internazionali che hanno aderito al progetto, richiedendo materiali organici o riciclati e soprattutto le capacità artigianali ed artistiche più tradizionali dell’Africa, un continente che sin dai tempi delle avanguardie artistiche del 900 non ha mai smesso di affascinare i creativi di tutto il mondo.

Da un’indagine condotta in Gran Bretagna nel 2008 dall’International Trade Center by Ethical Fashion Consultancy, scopriamo che:

  • Il 72% dei consumatori ritiene che l’eticità dei prodotti sia importante (vs 59% nel 2007).
  • L’interesse nell’eticità dei prodotti non sarà compromesso da una congiuntura economica sfavorevole.
  • I consumatori sono sempre più attenti all’impatto sociale degli abiti che acquistano.
  • Il termine “Etico” per il 49% è associato al beneficio delle comunità coinvolte nella produzione, per il 43% a danni ambientali.
  • Il 48% ritiene che i negozianti debbano indicare nelle etichette che i prodotti sono stati creati con standard etici (ovvero che non implichino lo sfruttamento del lavoro minorile).
  • Il 33% afferma che è disposto a pagare di più per abiti e calzature prodotte in modo etico.
  • I giovani sono sempre più interessati ad acquistare prodotti etici. Nel 2007 erano il 60% quelli che non consideravano l’eticità come criterio di acquisto. Nel 2008 solo il 36%.
  • I più attenti alla moda etica sono i consumatori dai 55 ai 64 anni.

Nel 2009 Ethical Fashion è diventata una vera e propria sezione all’interno della Manifestazione AltaModAltaRoma, grazie alla partecipazione di tre grandi stilisti africani: Silvia Owori dall’Uganda, Imane Ayissi dal Cameroun e Kofi Ansah dal Ghana.

In quest’ambito sono sfilati anche i marchi italiani, Nathu (che utilizza tessuti biologici e naturali, ottenuti da fibre selezionate in diversi paesi del mondo ma con una lavorazione esclusivamente made in Italy) e Carmina Campus, di Ilaria Venturini Fendi (figlia della più famosa Anna Fendi), che ha presentato accessori, oggetti e arredi esclusivamente realizzati con materiali riciclati o di riuso, proponendo un approccio diverso alla creatività e al consumo.

L’obiettivo è diffondere conoscenza e coscienza ecologiche, passione per il riciclo e il riuso, desiderio di stare bene nel contesto ambientale – ha spiegato Ilaria Fendi -. Il progetto è anche un’occasione di sostegno per alcune campagne di sviluppo sociale in favore delle donne dei Paesi più poveri e di iniziative legate alla salvaguardia dell’ambiente”.

Marzo 2009

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