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La storia del pennello Cinghiale, per intenderci il “grande pennello e non il “pennello grande”, fa parte della cultura popolare del nostro Paese. Oltre che, naturalmente dell’evoluzione tecnica, tecnologica e mercantile di un prodotto apparentemente semplice ma certamente indispensabile.

È la storia di un imprenditore, Alfredo Boldrini, che partendo da meno di zero ha dato, insieme ad altri del suo rango e della sua generazione (spesso sconosciuti ai più), un contributo fondamentale alla costruzione del benessere post bellico.

Nato nel 1920 ha iniziato a sette anni a salire sul carretto a cavalli della famiglia per andare a vendere scope di saggina da Cicognara, fino a Parma e nelle Apuane.

Oltre 70 anni di storia

L’azienda nasce nel 1945: scope e pennelli prodotti da cinque operaie e un’amministrazione impeccabile gestita con l’aiuto di un ragioniere profugo dalmata.

Il resto della storia è il racconto di una famiglia, quella di sangue ma anche quella della fabbrica e degli uffici, che negli anni si è distinta creando un marchio, Pennelli Cinghiale, con una brand awareness pari a quella di tante multinazionali del largo consumo, tanto da essere inserito dal Ministero dello Sviluppo Economico, nel novero dei Marchi Storici di interesse Nazionale.

La pubblicità degli anni ’80 con il pennello grande è solo un momento, seppur altamente significativo, di come il brand Pennelli Cinghiale sia entrato nel vissuto di diverse generazioni di italiani.

È sulla base di queste premesse che la nuova generazione ha avuto l’idea di creare all’interno dello stabilimento un vero e proprio Museo, una Galleria del tempo capace di collegare il glorioso e pionieristico passato dell’azienda mantovana ai successi sempre più internazionali del presente e alle nuove sfide del futuro.

Nel rispetto delle tradizioni di famiglia, anche questa volta Pennelli Cinghiale rompe gli schemi, chiamando a disegnare il Museo uno degli street artist più eclettici e di maggior successo sulla scena italiana e internazionale, il giovane DutyGorn.

Il filmato del Museo

Eleonora Calavalle, ceo di Pennelli Cinghiale

È stato un vero e proprio colpo di fulmine l’incontro tra noi e DutyGorn – spiega Eleonora Calavalle, ceo e nipote del fondatore -. La sua continua ricerca, sperimentazione artistica e straordinaria intuizione di creare vere e proprie opere d’arte, anche a partire da uno strumento di utilizzo comune come il pennello ci ha affascinato. L’attenzione che è insita in noi dalla fondazione, nel lontano 1945, alla bellezza, all’arte e alla qualità non poteva trovare un interprete migliore. Il connubio di storia e visioni futuristiche è parte integrante del nostro dna”.

Il Museo è aperto dall’installazione Upside Down, che disegna un soffitto trapunto di pennelli colorati a tracciare la rotta. Pennelli imperfetti e scarti di produzione, non certo pennelli nuovi destinati alla vendita a famiglie e professionisti.

I contenuti del Museo

Si ha modo poi di emozionarsi raggiungendo la teca multimediale dove si possono ascoltare le voci di chi ha fatto la storia dell’azienda, tra vita privata e vita professionale.

Ricco è il repertorio di foto e di documenti storici, come la scheda tecnica del pennello Katy dedicato dal Commendatore alla figlia Catiuscia o una cambiale da lui firmata (riacquistata su eBay per il Museo) o ancora il registro infortuni, le foto con Sandro Mazzola, il celebre “pennello grande” dello spot pubblicitario e i premi e i volti di una storia italiana così straordinaria da avere meritato la denominazione di Marchio Storico d’interesse nazionale.

Filo rosso di ogni passaggio, sono le opere di DutyGorn, tra cui spicca “Pennelli nel tempo“, a volere marcare un’evoluzione che parte dalla storia con una cronologia visiva intervallata da linee che, come lancette di un orologio, scandiscono il tempo in un continuum tra passato, presente e futuro.

Ma non solo: l’estro dell’artista ha trovato forma anche nel murale esterno, Time Mirror, che ha trasformato in opera d’arte i muri dello stabilimento.

DutyGorn: “il Museo è l’opera”

Sono stato contattato da Eleonora a maggio dello scorso anno e sono stato conquistato dal racconto appassionato dell’azienda di famiglia, partita con il nonno che andava a vendere le scope sul calesse e dalla forza impressa negli anni per emergere: un racconto che mi ha preso il cuore – commenta DutyGorn -. Credo che l’anima di Pennelli Cinghiale sia oltre la piccola porta del magazzino, nella produzione. Dove un genio come il commendator Boldrini è riuscito a valorizzare un sogno trasformandolo in realtà, con operai qualificati e appassionati che lavorano ogni giorno alla creazione di pennelli, rulli e vernici tra chi sa creare ancora interamente a mano e chi opera su nuovi macchinari supersonici. Il progetto del Museo è stato entusiasmante, non ho altri termini per descrivere l’emozione. Per me, il museo è l’opera”.

Il Museo, creato all’interno dell’azienda, sarà aperto al pubblico solo in giornate speciali.

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