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La fine del XIX secolo è un periodo che corona un secolo di prodigiosi sforzi scientifici ed economici, una nuova era di cui gli scienziati e i filosofi profetizzano la grandezza, nella quale la realtà supererà i nostri sogni e fantasie”. 

Sulla base di queste considerazioni contenute negli Atti preparatori si apriva l’Expo del 1900 a Parigi, un’edizione che rimarrà nella storia per i suoi 50 milioni di visitatori, superata solo da Osaka 1970 (64 milioni) e da Shangai 2010 (70 milioni).

Si chiudeva un secolo straordinario sul fronte della scienza e della tecnica.

Un secolo in cui si era affermato il positivismo, movimento culturale che vedeva nella scienza e nel progresso scientifico e tecnologico le basi di quella ragione razionale che era identificata come motore indispensabile per il progresso e l’evoluzione sociale.

Molte furono le espressioni concrete di questo straordinario dinamismo del mondo scientifico e tecnologico dell’epoca: la lampadina, la radio, il cinematografo, i surgelati, il telefono, la Coca Cola e l’automobile.

Erano anni in cui una buona idea poteva rivelarsi decisiva per lo sviluppo di un intero comparto industriale e le idee, come si sa, sono patrimonio di tutti, senza distinzione di classe o ceto sociale.

Erano gli anni in cui nasceva la piccola borghesia fatta di insegnati, artigiani, commercianti e professionisti che cercavano una propria affermazione sociale ed economica.

Il protagonista: Roberto Bosch

E’ in questo contesto che nasce e cresce la storia che stiamo per raccontare. Il prodotto protagonista è la candela per il motore a scoppio, un piccolo dispositivo che, come vedremo, rivoluzionerà l’industria dell’automobile, mentre l’uomo protagonista della nostra storia è Robert Bosch.

Bosch nasce nel 1861 ad Albeck, un villaggio a nordest di Ulma, nella Germania meridionale nel giorno (23 settembre) in cui il sole è alla cuspide tra i segni zodiacali della vergine e della bilancia, gli astrologi sostengono sia una gran fortuna e nel caso di Bosch ci azzeccano.

Il piccolo Robert è l’undicesimo di dodici fratelli: una grande famiglia benestante contadina retta da un padre ben istruito e con la ferma determinazione di dare una buona educazione ai suoi figli.

Dal 1869 al 1876, Robert Bosch frequenta la Realschule (scuola tecnica secondaria) di Ulma per iniziare a lavorare, quindicenne, come apprendista meccanico di precisione in un’officina non distante da casa.

Questa dimensione locale però non riusciva ad appagare la curiosità e la voglia di imparare e di confrontarsi con il mondo della grande industria che il giovane Robert covava in sé.

Con l’accordo della famiglia Bosch parte e per sette anni lavora in giro per la Germania, per poi approdare alla Edison di New York e alla Siemens in Inghilterra.

Nel 1886, una volta ritornato in patria, Bosch apre a Stoccarda insieme ad Arnold Zähringer, giovane e intraprendete tecnico, la Officina Meccanica di Precisione e Elettrotecnica. Bosch ha 25 anni e Zähringer appena 17.

I due intuiscono che il neonato mercato dell’automobile avrebbe avuto un fiorente futuro ma si distinguono da altri immaginando l’automobile come mezzo di locomozione performante dove la velocità sarebbe stata la carta vincente.

Il primo motore a scoppio

Nel 1853 Eugenio Bersanti e Felice Matteucci depositavano il brevetto del primo motore a scoppio e nel 1862 Nikolas August Otto brevettò quello che diverrà famoso con il nome di “ciclo Otto” (aspirazione, compressione, scoppio-espansione, scarico) che consentì la costruzione del primo motore a combustione interna a quattro tempi.

Da quel momento iniziò un periodo di grande effervescenza ingegneristica soprattutto in Francia e in Germania.

I motori che si contendevano i favori del pubblico erano tre: quello a vapore, quello elettrico e quello a benzina. Nel 1883 furono fondate le prime fabbriche di automobili: in Francia la De Dion Bouton et Trèpardoux e in Germania la Benz & Cie di Karl Benz.

La prima utilizzava un motore a vapore, mentre Benz, che era stato il pioniere con il primo motore a combustione interna a due tempi, nel 1886 costruì il primo veicolo con motore endotermico.

Nel 1890 Gottlieb Daimler, dopo aver malamente abbandonato la Deutz di Nikolas Otto, fondò la Daimler Motoren Geselschaft. Nel 1894 Enrico Bernardi realizzò il suo veicolo con motore a benzina e fondò la Miari & Giusti, la prima fabbrica automobilistica italiana. La battaglia era aperta.

Le prime gare automobilistiche

Motori a vapore, elettrici e a benzina si contendevano il primato nelle prime gare automobilistiche della storia. Nel 1894 scesero in campo per la prima volta le grandi case dell’epoca: la Dion-Bouton, la Peugeot, la Panhard-Levassor e la Benz per contendersi la Parigi–Rouen, gara organizzata dal giornale parigino “Le Petit Journal”. Vinse la Dion-Bouton con il suo motore a vapore percorrendo i 126 km del percorso alla media di 18,529 km/h.

A questa prima gara seguirono la Parigi–Bordeaux e la Torino–Asti–Torino, prima gara automobilistica italiana.

Dopo un iniziale predominio del motore a vapore il perfezionamento del motore elettrico portò negli anni successivi ottime soddisfazioni raggiungendo i primi record di velocità.

Nel 1898 il francese Gaston de Casseloup Laubat raggiunse i 63,14 km/h, mentre l’anno successivo Camille Jenatzy superava i 100 km/h a bordo della mitica Jamais Contente, improbabile vettura con la forma di un missile per agevolarne l’aerodinamica (Camille Jenatzy nelle vesti di diavolo sarà il protagonista di una delle prime campagne pubblicitarie a favore del nuovo sistema di accensione Bosch – vedi nella Galleria Fotografica).

Naturalmente Robert Bosch era presente a tutti questi eventi tra il pubblico insieme a quelli che sarebbero stati i grandi costruttori di veicoli con motori a benzina, primo tra tutti Gottlieb Daimler.

Nel vedere i motori a vapore e quelli elettrici sempre davanti, i pionieri del motore a benzina soffrivano e, tornati in azienda, moltiplicavano i loro sforzi per perfezionare quella tecnologia che erano certi sarebbe stata quella del futuro.

Torniamo anche noi in azienda. Nel primo anno di attività Bosch riparava impianti elettrici di tutti i generi, installava telefoni, telegrafi e parafulmini ed effettuava vari lavori di meccanica di precisione, ma l’aspirazione a entrare nel grande fermento che si stava venendo a creare intorno all’automobile era già ben presente.

E’ del 1887 infatti la costruzione di un magnete d’accensione a bassa tensione per un motore a gas fisso, che Bosch e Zähringer migliorarono e perfezionarono senza però raggiungere la massima soddisfazione, anche se, come affermò Bosch stesso, si trattava di un prodotto con “una considerevole potenzialità di vendita”. Tutto sembrava andare per il meglio.

Bosch assunse un numero crescente di tecnici, si trasferì in un capannone più grande e acquistò il primo mezzo aziendale con cui andare a visitare i clienti: una bicicletta, che per l’epoca non era poco.

La voglia di crescere velocemente tradì però il giovane imprenditore che entrò in una crisi economica dovuta ai forti investimenti fatti in macchinari.

Nel 1892 dei 24 dipendenti e un apprendista Bosch ne dovette licenziare 22, rimanendo da solo, insieme a Arnold Zähringer, al meccanico Richard Schyle e all’apprendista Gottlob Honold, un giovane quindicenne, figlio di un amico di Bosch, che, come vedremo avrà un ruolo determinante nelle innovazioni di Bosch per il motore a scoppio.

Seguirono cinque anni difficili che si risolsero nel 1897, quando il piccolo staff riuscì a migliorare l’accensione magnetica a bassa tensione, a tal punto da poter essere applicata, per la prima volta con successo, in un’automobile a tre ruote della De Dion-Bouton (che dal 1893 si era convertita dal motore a vapore a quello a scoppio – vedi nella Galleria Fotografica).

Il dado era tratto: la nuova accensione fu proposta alla Daimler, cui seguirono altre Case automobilistiche.

Gli affari tornavano ad andare bene, tuttavia rimaneva il tarlo di non riuscire a ottimizzare le prestazioni del motore a scoppio.

Nel frattempo il giovane Honold salvato dai licenziamenti del ’92 da Bosch si laurea in ingegneria all’Università di Stoccarda, accrescendo il proprio ruolo in azienda e dimostrando straordinarie capacità e genialità.

Il problema dei problemi

Bosch intuisce le potenzialità del giovane ingegnere e nell’estate del 1901, a fronte di animate discussioni con Daimler, gli affida il compito di risolvere il “problema dei problemi”, così come era definito da Karl Benz, cioè quello dell’accensione nella fase dell’espansione di un motore a scoppio.

Bosch era convinto che il problema risiedesse tutto lì: sapeva che il motore a vapore e quello elettrico non avrebbero potuto avere futuro nel mercato automobilistico, il primo a causa del suo grande ingombro e del peso della caldaia peraltro alimentata a legna e carbone, quello elettrico invece per la ridotta autonomia di esercizio, per l’eccessivo peso delle batterie e per il loro lungo tempo di ricarica.

Honold si mise al lavoro con entusiasmo.

Fino a quel momento la fase dell’accensione nei motori a ciclo Otto (aspirazione, compressione, scoppio, scarico) era innescata tramite una barretta, resa incandescente dal così detto “bruleur”, inserita nella camera di combustione.

Tale barretta essendo sempre incandescente innescava immediatamente il carburante appena entrato nella camera di combustione, non consentendo così nessuna governabilità e affidabilità della fase di accensione.

Bisognava trovare un modo per controllare con la dovuta precisione il momento dell’accensione. La trovata geniale di Honold fu quella di sviluppare un magnete ad alta tensione accoppiandolo a un dispositivo di accensione, quello che poi diventerà la candela che ancora oggi viene utilizzata.

Questo nuovo tipo di accensione (magnete ad alta tensione + candela) consentiva, attraverso la gestione controllata della fase dello scoppio, di migliorare moltissimo le prestazioni del motore e di aumentare la potenza erogata.

Mentre prima i numeri dei giri di un motore a scoppio erano al massimo 1.000 con l’accoppiata magnete ad alta tensione e candela di Honold triplicarono da subito.

Nasce la candela per auto

Era il 1902 quando Bosch con estremo orgoglio presentò il nuovo sistema a Daimler, che ne diventò il primo acquirente.

Da quel momento il successo di Bosch fu di dimensioni mondiali e il motore a scoppio soppiantò molto rapidamente quelli a vapore ed elettrici.

Già nel 1902 Bosch produsse 300 candele.

I dipendenti salirono a 45 unità e Bosch aprì un nuovo stabilimento che non rispecchiava più le logiche artigianali di prima, bensì, grazie anche alle esperienze fatte negli Stati Uniti dove già esisteva la produzione in serie per grandi quantità, fu organizzato con ampi spazi e sulla base delle più moderne tecniche di produzione.

Bosch fu un innovatore anche in questo senso, infatti, contrariamente agli americani, dedicò la massima attenzione, oltre che ai prodotti e alla loro qualità, anche agli uomini che li progettavano e producevano.

Per primo nel 1906 introdusse la giornata lavorativa di 8 ore, perché, come dichiarò nel corso di un’intervista a Radio Stoccarda, “era la più produttiva e la più adeguata al mantenimento delle capacità lavorative dell’uomo”.

Nel 1910 introdusse il sabato pomeriggio libero e la regolamentazione delle ferie.

Bosch, oltre che un tecnico e un imprenditore dalle straordinarie capacità deve essere considerato un precursore anche nel campo del marketing.

Infatti, per garantire visibilità alla sua invenzione sostenne e partecipò direttamente alla crescita del mondo delle gare automobilistiche e pianificò campagne pubblicitarie di grande impatto su tutti i mercati che riteneva interessanti e profittevoli.

Già nel 1906 un’importante campagna promozionale negli Stati Uniti consentì alla Bosch di raccogliere ordini per l’ammontare di un milione di dollari.

Un successo che costrinse Bosch a fondare una fabbrica a Springfield (Illinois), che, inaugurata nel 1911, aprì di fatto la via all’internazionalizzazione dell’azienda.

Il sistema introdotto da Honold, con il magnete che produce alta tensione e la candela in quanto dispositivo di accensione rimarrà valido, all’incirca, fino alla metà degli anni ’40 quando il magnete fu sostituito da impianti elettrici di bordo costituiti da un generatore di corrente (prima dinamo, poi alternatore), batteria, bobina e distributore di accensione.

La vecchia candela rimarrà comunque una costante, pur evolvendosi in maniera straordinaria.

Si pensi che se fino agli anni ’60 con cinque tipi di candela diversa si potevano soddisfare sostanzialmente le esigenze di tutti i motori delle automobili in commercio, oggi la gamma Bosch comprende circa 1.250 tipi di candele con 26 diverse configurazioni degli elettrodi.

Da quel 1902 quando Bosch portò la prima candela a Daimler l’azienda di Stoccarda, in oltre cento anni di storia, ha ampiamente superato la quota di 10 miliardi di candele prodotte.

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2 risposte a “La storia della candela per auto”

  1. Avatar photo Bricoliamo.com ha detto:

    Ci fa particolarmente piacere che ti siano piaciuti gli articoli sulla storia degli utensili. Sicuramente ne scriveremo altri. Grazie :)

  2. Avatar photo Maurizio Giovannelli ha detto:

    Splendidi ed interessanissimi articoli; speriamo che ne amplierete la gamma. Complimenti!