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Bricolage e disinformazione

a cura di Bricoliamo.com Avatar photo

E’ il 5 luglio 2005 e tutti i quotidiani e i telegiornali riportano i dati della ricerca presentata dal Censis e dall’Istat a Saint Vincent il 4 luglio durante la 60° assemblea annuale della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi)-Confcommercio.

Il titolo della ricerca era “Economia del tempo libero: una filiera dall’alto valore aggiunto“, una filiera che secondo la ricerca vale 114,2 miliardi di euro.

Ai vertici di questa classifica del tempo libero vengono evidenziati i pasti fuori casa con un fatturato di 40 miliardi di euro e il fitness con 10,3 miliardi di euro.

Sembra paradossale, ma ingrassare e dimagrire sembrano essere le attività preferite dagli italiani per il loro tempo libero. E di gran lunga, infatti la ricerca evidenzia come dai 10,3 miliardi del fitness si passi ai 2 miliardi dell’enoturismo, all’1,5 miliardi del Bingo, agli 1,4 miliardi dei locali notturni, fino ad arrivare ai factory outlet, ai casinò, alle terme, ai parchi divertimenti e ai campi da golf che, globalmente, rappresentano il 3% del fatturato totale del comparto del tempo libero.

Ancora una volta nell’ambito delle attività del tempo libero non è stato considerato il bricolage, anche se il suo valore, come sappiamo, si avvicina ai 10 miliardi di euro all’anno, una cifra importantissima che merita un posto sul podio dei primi tre.

Invece no.

Al terzo posto viene collocato l’enoturismo con il suo fatturato di 2 miliardi di euro, un quinto di quanto è in grado di produrre il bricolage.

E’ pur vero, si potrà obbiettare che la Fipe è la federazione dei ristoranti, delle palestre, dei locali notturni, insomma di tutte quelle categorie che trovano spazio e conforto all’interno della ricerca, tuttavia riteniamo che analizzare la “Economia del tempo libero” degli italiani senza minimamente citare il bricolage sia un deliberato falso storico.

La ricerca in realtà analizza l’economia del tempo libero orientato ai comparti rappresentati dalla Fipe.

Un’operazione lecita, ma molto poco estetica se si tenta di venderla come universalmente valida.

Quello che però turba di più gli animi è che nessun media, cartaceo o televisivo e nemmeno le agenzie stampa, ha rilevato questa parzialità della ricerca, lanciando titoli e servizi, ripresi, senza l’applicazione di quel minimo spirito critico e di analisi richiesto agli operatori dell’informazione affinché noi utenti possiamo affidarci con serenità e fiducia alle notizia che ci vengono proposte.

E’ venuto il momento di farsi sentire,di aggregare energie per pretendere quel posto sul podio che il bricolage italiano merita, perché lo ha conquistato con il lavoro quotidiano di decine di migliaia di operatori.

Certamente gli istituti di ricerca sono società che devono sviluppare fatturato e i giornalisti sono sempre più pigri per impegnarsi personalmente nell’indagine e nella documentazione, però, bisogna avere la forza  di ammettere che il bricolage italiano è sempre stato, e lo è tuttora, molto avaro di notizie, o meglio molto avaro nella volontà di far circolare le proprie notizie.

E’ una spirale che va interrotta.

E’ venuto il momento di farsi sentire.

Luglio 2005

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