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I contenuti per comunicare e informare
QUELLO CHE SEGUE È IL CAPITOLO 18 DEL LIBRO “TIME OUT: UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA TV SATELLITARE, INTERNET E IL DIGITALE TERRESTRE TRA TECNOLOGIA, POLITICA E CONTENUTI”, SCRITTO DA MAURO MILANI NEL 2005.
Lo sviluppo tecnologico, la crescita della rete e della sua concettualizzazione, il moltiplicarsi di mezzi per la comunicazione, impongono alcune riflessioni.
Fino al secolo scorso, il che significa cinque anni fa, i media erano ben definiti (stampa, TV, radio) e riconosciuti dal pubblico sulla base di un’offerta molto precisa. La stampa aveva il ruolo dell’informazione (i telegiornali o i radiogiornali non hanno mai coperto, e mai potranno farlo, la mole di notizie proposta da un quotidiano), la televisione svolgeva un ruolo fondamentale nell’intrattenimento (film, sceneggiati, varietà, ma anche informazione purché debitamente spettacolarizzata) e la radio è sempre stata la colonna sonora della vita di molti (Eugenio Finardi agli albori delle radio private cantava: “… con la radio si può scrivere, leggere o cucinare, non c’è da stare immobili seduti lì a guardare…”).
Oggi non è più così. I nuovi media su cui abbiamo ragionato fino ad ora, hanno allargato moltissimo lo spettro dell’offerta mediatica.
Oggi la televisione non è più espressione di un contenuto preciso (il TG alla una e alle otto, il quiz il giovedì sera, il varietà del sabato sera, il film del lunedì, ecc.), è diventata uno schermo, un elettrodomestico che mi consente di accedere a tanti tipi di contenuto. A questo schermo posso collegare un decoder per seguire l’offerta dei canali satellitari, un lettore DVD oppure un vecchio videoregistratore per vedermi i film che mi sono comprato o noleggiato, una consolle per videogiochi per divertirmi da solo o con mio figlio, posso collegarla al cavo o all’ADSL e accedere all’offerta di Fastweb (ma tra poco anche di altri operatori) con la possibilità di scegliere film, documentari, di accedere a internet, di controllare la mia bolletta telefonica, e via di questo passo.
Oggi si parla di multimedialità e con la multimedialità è cresciuta l’importanza del contenuto.
La società si sta frammentando e con essa le necessità, le esigenze e le voglie di comunicazione dei consumatori. Internet ci ha ormai abituato a trovare tutto quello che ci serve velocemente e comodamente dal computer di casa (informazione, servizi, curiosità, svago) e lo stesso tendiamo a pretenderlo, sempre di più, anche dagli altri media.
E’ evidente che ciò non è possibile perché ogni media ha le sue caratteristiche, le sue potenzialità e il suo linguaggio ed è per questo che se si vuole la completezza della comunicazione e dell’informazione bisogna ragionare in termini multimediali, prendendo il meglio di ciò che ogni media è tecnicamente in grado di proporre.
Il pubblico si sta orientando gradualmente in questo senso, non altrettanto mi pare stiano facendo gli operatori della comunicazione. In campo televisivo l’offerta del satellite, e mi pare che anche il nuovo digitale terrestre si stia muovendo in tal senso, ricalca quella della vecchia televisione generalista.
Non importa che in Sky ci sia la divisione per canali, il contenuto proposto è comunque per la stragrande maggioranza dominato dai film e dallo sport (in particolare il calcio). Un tipo di offerta che potrebbe andare benissimo: è molto meglio per qualsiasi utente avere la possibilità di scegliere tra 40 film invece che tra 4, ma non è sufficiente.
La televisione avrebbe la grande possibilità di proporre quei contenuti tematici e specializzati fino ad oggi riservati alla carta stampata. Esistono degli esempi, anche di grande valore come Rai Sat Gambero Rosso per la cucina, Sailing Channel per la nautica, Discovery Channel o National Geographic per la natura e i documentari, ma è troppo poco.
Non troviamo nulla sul bricolage, sulla casa, sulla spesa, sulla scuola, sulle fiere, sugli eventi del territorio in cui abitiamo e potrei drammaticamente andare avanti ancora a lungo.
Murdoch al suo sbarco in Italia dichiarò che la sua missione sarebbe stata quella di fare concorrenza alla televisione generalista. Così ha fatto e così sta continuando a fare, con risultati che francamente non mi paiono entusiasmanti, considerando le polemiche che sistematicamente si affollano intorno a Sky Italia e alle denunce delle Associazioni dei consumatori.
Certo da un punto di vista squisitamente produttivo e distributivo è molto più semplice acquistare i diritti di trasmissione dei film di una casa cinematografica che mettere in piedi un canale televisivo sul bricolage. In questo caso si dovrebbe costruire una televisione vera e propria, con idee innovative (quanto meno perché non è mai stata fatta) e con una redazione e uno staff in grado di renderle concrete.
Gestire l’offerta dei film è molto più semplice: è sufficiente confezionare una bella scatola dentro la quale mettere i film e, di volta in volta, tirarne fuori uno. Ma per fare questo non serve una piattaforma satellitare, esistono già i DVD e le videocassette (il cui noleggio costa quanto l’acquisto con Sky) e tra poco esisterà anche la possibilità di scaricare film da internet (in realtà esiste già ed è una pratica già ampiamente diffusa negli Stati Uniti e che si sta diffondendo anche in Europa, però al momento si deve parlare di pirateria, come accadeva con la celebre Napster per la musica e come continua ad accadere con altri portali figli di Napster).
Mi domando, ma quanti film ci vorranno mai far vedere in una vita? Intendiamoci, va benissimo che esista un’ampia offerta di film, ma non basta.
Gli esempi alternativi che posso portare sono in effetti veramente pochi. Tra questi una menzione speciale la merita indubbiamente Art Attack, un programma per ragazzi che propone sostanzialmente la realizzazione di piccole cose con la carta, i colori, la colla e quant’altro si possa trovare in casa. L’obbiettivo è quello di soddisfare quelli che loro chiamano “attacchi d’arte”. Il programma è molto semplice e poco costoso, però è costruito con gusto e propone sempre idee simpatiche e, in effetti, facilmente realizzabili.
Art Attack è un format internazionale della Disney, trasmesso, ciascuno con un proprio adattamento, in 4 Paesi europei. Il contenuto del programma è costituito da brevi filmati didattici sulle costruzioni e sui lavoretti proposti e uno spazio spettacolare in cui Neil Buchanan (un vero genio), realizza enormi quadri, usando i materiali più disparati e colorati (sabbia, posate, stracci, attrezzi da giardino e quant’altro), che, ripresi dall’alto offrono un effetto veramente straordinario.
Naturalmente i filmati didattici non hanno mai la presenza di un protagonista, ma solo delle mani, in modo che ogni Nazione possa facilmente adattare il format alle proprie esigenze televisive. Il risultato è un successo veramente importante: oltre ad avere vinto il Telegatto nella sezione TV per ragazzi negli ultimi due anni e il premio A.GE.-Chiara D’Assisi, promosso dall’Associazione Genitori, Art Attack, secondo una ricerca svolta dalla Doxa, ha una audience e un apprezzamento tra il pubblico di bambini e ragazzi inferiore solo, nella stessa fascia oraria, a Tom & Jerry e a Striscia la Notizia, pareggiando con Dragon Ball e Sarabanda e vincendo su Saranno Famosi, i Simpson, Lupin e Passaparola. Non solo.
Art Attack lo troviamo nel palinsesto Rai ma anche nel canale satellitare Disney Channel, in edicola, sotto forma di mensile cartaceo, in libreria con una collana di libri Art Attack e nelle piazze con eventi territoriali rivolti ai bambini. Il mensile peraltro, sempre secondo la Doxa, si pone al secondo posto nelle vendite di mensili per ragazzi subito dopo Paperino ma prima di Barbie, de I Grandi Classici e di Paperinik.
Eppure è semplicemente un programma/giornale/libro/evento dove si spiega ai ragazzi come fare un origami, oppure come dare movimento a un disegno, oppure come costruire un porta oggetti con una scatola. Basso costo ma ricchezza di contenuti. Una ricetta semplice ma straordinariamente efficace.
Rimane un caso isolato, però la nascita e la crescita del digitale terrestre, a detta di tutti i protagonisti di questo sviluppo, risolverà il problema dell’assenza di un’offerta di canali e di contenuti tematici e specializzati.
Per esempio Carlo Sartori, presidente di Rai Sat, nell’aprile 2004 diceva: “Il sistema televisivo nel suo complesso ha il dovere di garantire che tutti gli interessi abbiano la stessa dignità: se io amo la musica classica, o l’opera, o il teatro, o i reportage d’autore, non devo aspettare notte fonda, qualche giorno al mese, per poter curare quel mio interesse. Un tempo si rispondeva: i canali sono pochi, bisogna soddisfare le grandi maggioranze del Paese. Oggi, domani, con il digitale terrestre, questa sarà soltanto una stupida scusa. Questa è dunque la vera sfida del digitale terrestre: far sì che una rivoluzione tecnologica, comunque necessaria per l’apparato industriale della televisione, diventi anche un’occasione (l’unica rimasta?) per una crescita di creatività e di qualità“.
Parole sacrosante. Spero che Carlo Sartori, continui a pensarla in questo modo, ma non ho dubbi, anche dopo la revoca della sua delega al digitale terrestre (successiva alla dichiarazione riportata) e che possa fare molti accoliti in Rai e non solo.
Le nuove tecnologie hanno consentito di poter lavorare con mezzi che permettono lo sviluppo sia numerico che qualitativo dell’offerta, in più offrono l’opportunità di una vera rivoluzione nei rapporti con il pubblico derivante dall’interattività.
L’impressione è che oggi ci si fermi qui, quando invece l’importante sarebbe la progettazione di contenuti in grado di sfruttare le potenzialità messe a disposizione dalle tecnologie. La Tv può anche essere interattiva ma se il contenuto che viene proposto non lo è, io non mi accorgo nemmeno che esiste l’interattività.
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