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Serena Dandini in giardino
La conosciamo da tanti anni per le sue trasmissioni televisive ma con questo libro abbiamo l’occasione di scoprire una Serena Dandini diversa da quella a cui siamo abituati.
La Serena Dandini giardiniera, quella che ama le piante, i fiori e anche i cavolfiori, quella che ama sporcarsi le mani con la terra, quella che, forse anche per deformazione professionale, indaga con curiosità su quello che c’è dietro un parco, un fiore, un florovivaista, un atteggiamento.
Il libro si intitola “Dai diamanti non nasce niente” ed è il racconto dell’amore della Dandini per il verde attraverso esperienze dirette, sia nel proprio giardino, oggi, ma anche sul minuscolo davanzale del suo primo appartamento romano, incontri con vivaisti e maestri del giardino, visite a fiere e quant’altro.
E’ un libro garbato, lontanissimo da qualsiasi ambizione di essere un saggio, di facile lettura, molto scorrevole, gradevole e utile sia per alcune indicazioni che vengono date a fronte di insuccessi vissuti sul campo, sia per la citazione di alcuni vivai che varrebbe sicuramente la pena di andare a visitare.
Molto interessanti e coinvolgenti sono poi le escursioni che Serena Dandini fa nella cultura del verde e del giardino nella storia.
Niente di impegnativo, abbiamo già detto che non si tratta di un saggio, semplicemente storie di svariati personaggi che hanno amato il verde e la natura: da Alessandro Magno che “si dedicò al giardinaggio, ossessionato dalla sfida di acclimatare nei giardini babilonesi i suoi virgulti preferiti“; a Clude Monet, con al sua passione per le ninfee e la lunga amicizia con il maestro ibridatore Latour-Marliac; da Paul Klee, appassionato botanico e vero naturalista, che considerava la natura come una delle più ricche fonti di ispirazione per la sua continua ricerca sui colori; a Jacques Majorelle, artista francese che dopo aver comprato un terreno nel centro di Marrakech, lo trasformò nella sua opera più originale sotto forma di giardino.
Un luogo straordinario salvato dalla speculazione edilizia dalla sensibilità dello stilista Yves Saint Laurent e dal suo compagno Pierre Bergé, che acquistarono i Giardini di Majorelle, prima aprendoli al pubblico dei visitatori e poi donandolo alla città di Marrakech “dove ancora oggi è aperto al pubblico nel suo immutato splendore e continua a essere fonte di ispirazione preziosa per chi lo frequenta”.
E così via per tante altre storie che costruiscono, con la loro semplicità, quella cultura del verde fatta di emozione e di sentito coinvolgimento.
Chi già ama il verde si innamorerà di questo libro per identificazione, ma anche tutti i “pollici neri” saranno inevitabilmente coinvolti dalle storie raccontate trovando conforto e, chissà mai, anche la voglia di riprovarci.
Gennaio 2012
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