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Capitolo 9. Il nuovo consumatore di prodotti per il bricolage

a cura di Bricoliamo.com Avatar photo

Considerando l’attenzione per la casa e la disponibilità di spesa evidenziata nel precedente capitolo si può procedere con una prima grossolana sgrossatura di quello che potrebbe essere il target di riferimento del presente e del prossimo futuro del mercato del bricolage. Sono due le categorie che dimostrano una significativa disponibilità di spesa per la casa: le coppie senza figli e con il capofamiglia di età compresa tra i 35 e i 64 anni  e le coppie con un figlio.

Due categorie estremamente importanti e che rappresentano globalmente oltre il 70% dei nuclei familiari italiani.

Si tratta di un numero estremamente importante: oltre 15 milioni di famiglie, per più di 35 milioni di individui.

D’altro canto bisogna sempre tenere presente che in ogni famiglia, in ogni casa sorge la necessita di manutenzione e la voglia di abbellimento.

Soprattutto oggi, quando la casa è tornata ad essere status symbol, quando la crisi economica tende a far privilegiare la cena in casa con gli amici e non più al ristorante, quando finalmente è stato estinto il mutuo aperto negli anni ’80 liberando una quota di denaro che in parte potrà comunque ancora essere investita nel miglioramento della propria abitazione.

Il bricolage in tale contesto può e potrà avere un ruolo molto importante.

Certamente è necessario abbandonare i vecchi schemi di marketing che volevano l’uomo, più o meno hobbista, al centro dell’attenzione, sostituendolo con la famiglia nel suo complesso.

Questo significa iniziare a trattare i prodotti per il bricolage come prodotti di largo consumo, sia dal punto di vista commerciale, ma anche comunicazionale e pubblicitario.

E’ auspicabile in questo senso che le aziende più moderne del settore si confrontino su strategie e investimenti comuni in funzione di un riposizionamento dell’immagine del bricolage italiano, allontanandosi dalla logica dell’hobbista “sfigato” e inquadrandolo come attività, semplice, gradevole e coinvolgente per tutta la famiglia, orientata al miglioramento della casa, della vita in casa e del gusto dell’ospitalità.

D’altro canto il prodotto per il bricolage è già trattato come un prodotto di largo consumo dalla grande distribuzione despecializzata: negli ipermercati troviamo interi reparti, ma anche nei piccoli supermercati è ormai una regola il lineare dedicato ai prodotti più semplici del bricolage.

Tutto ciò individua una tendenza molto precisa, che dovrebbe essere sostenuta e incentivata da campagne di comunicazione non tanto sul singolo prodotto, quanto sulla proposta di una nuova filosofia di approccio al bricolage.

In questo senso vorrei raccontare una situazione esemplare, quella rappresentata dalla trasmissione televisiva Art Attack.

E’ un esempio che ritengo importante sia perché si tratta dell’unico programma televisivo di qualità (oltre alla sperimentazione Mediaset di “Changing Rooms – Camera a sorpresa”) che la televisione italiana dedica al bricolage, sia perché è un programma per bambini e i bambini, lo sanno molto bene gli operatori del largo consumo, incidono fortemente sugli acquisti dei genitori (i gadget regalati dai detersivi spesso sono giochi e pupazzi per bambini).

Art Attack è un format internazionale della Disney, trasmesso, ciascuno con un proprio adattamento, in 4 Paesi europei. Il contenuto del programma è costituito da brevi filmati didattici sulle costruzioni e sui lavoretti proposti e uno spazio spettacolare in cui Neil Buchanan (un vero genio), realizza enormi quadri, usando i materiali più disparati e colorati (sabbia, posate, stracci, attrezzi da giardino e quant’altro), che, ripresi dall’alto, offrono un effetto veramente straordinario.

Naturalmente i filmati didattici non hanno mai la presenza di un protagonista, ma solo delle mani, in modo che ogni Nazione possa facilmente adattare il format alle proprie esigenze televisive.

Il risultato è un successo veramente importante: oltre ad avere vinto il Telegatto nella sezione TV per ragazzi negli ultimi due anni e il premio A.GE.-Chiara D’Assisi, promosso dall’Associazione Genitori, Art Attack, secondo una ricerca svolta dalla Doxa, ha una audience e un apprezzamento tra il pubblico di bambini e ragazzi inferiore solo, nella stessa fascia oraria, a Tom & Jerry e a Striscia la Notizia, pareggiando con Dragon Ball e Sarabanda e vincendo su Saranno Famosi, i Simpson, Lupin e Passaparola.

Non solo.

Art Attack lo troviamo nel palinsesto Rai ma anche nel canale satellitare Disney Channel, in edicola, sotto forma di mensile cartaceo, in libreria con una collana di libri Art Attack e nelle piazze con eventi territoriali rivolti ai bambini.

Il mensile peraltro, sempre secondo la Doxa, si pone al secondo posto nelle vendite di mensili per ragazzi subito dopo Paperino ma prima di Barbie, de I Grandi Classici e di Paperinik.

Eppure è semplicemente un programma/giornale/libro/evento dove si spiega ai ragazzi come fare un origami, oppure come dare movimento a un disegno, oppure come costruire un porta oggetti con una scatola.

E’ un programma che riscopre e rilancia l’importanza della manualità (e quindi del bricolage) per i bambini del 2000 che hanno perso quelle uniche tre ore di applicazioni tecniche che noi genitori avemmo invece la fortuna di vivere.

Il secondo esempio positivo che voglio portare riguarda “Changing Rooms – Camera a sorpresa“, un programma, realizzato in cinque puntate, trasmesso da Canale 5 nella primavera 2004 e replicato in autunno.

Changing rooms è un format nato in Inghilterra, dove, inserito nel palinsesto della BBC, ha ottenuto ottimi risultati d’ascolto: una media di ascolto di quasi 11 milioni di telespettatori gli ha permesso di vincere il premio come miglior programma  dell’anno nel 2003.

Giunto ormai alla quattordicesima serie con più di 120 episodi prodotti Changing rooms uno degli show più visti della Gran Bretagna.

Attorno al programma è poi nata un’ intensa attività di merchandising che ha visto la pubblicazione di numerosi volumi contenenti le diverse soluzioni di arredamento che di puntata in puntata erano state adottate dalle coppie protagoniste della trasmissione.

A testimonianza di tale successo, anche Olanda, Belgio, Stati Uniti, Svizzera, Nuova Zelanda, Australia, Danimarca, Germania, Francia, Svezia e Norvegia hanno iniziato a produrre un adattamento del format, con eccellenti riscontri di pubblico: in Olanda, per esempio, si è già arrivati alla settima edizione.

La proposta di Canale 5 vide come protagoniste due coppie di amici che si scambiavano la casa e, con l’aiuto di due interior designer (Cristina Bianchi e Max Zucca) e un abile falegname (Calogero Guicciardino), amante del “fai da te“, trasformavano gli uni una stanza dell’abitazione degli altri, usando esclusivamente la propria creatività.

Una sorta di gioco del “piccolo arredatore“, a spese dei propri amici e con il contrappasso di dover subire lo stesso trattamento.

Tutti i lavori di pitturazione, costruzione, riparazione, ecc. erano tassativamente eseguiti in una logica di “fai da te”.

Esistevano però alcune limitazioni: un budget di 800 euro a coppia, un arco di tempo di sole 48 ore e la promessa che le coppie non sarebbero rientrate nella propria casa fino allo scadere dei due giorni.

A lavoro finito, le coppie riprendevano possesso delle proprie case, scoprendo quello che avevano combinato gli amici. Gaia De Laurentiis, la conduttrice, spiava entrambe le abitazioni e le squadre di amici al lavoro (mantenendole rigorosamente separate), commentando, descrivendo e partecipando attivamente ai lavori di trasformazioni delle camere.

Il successo di pubblico di Changing Rooms fu decisamente importante: l’ascolto medio delle cinque puntate fu di 2.626.000 spettatori con uno share del 22,91% (con un picco di 3.379.000 spettatori pari al 26% di share).

Due esperienze televisive, quelle che ho descritto, che testimoniano, oltre all’alto livello di interesse per il bricolage da parte del pubblico di massa, la centralità della famiglia nelle tematiche riguardanti la casa e il fare in casa e per la casa.

Naturalmente il termine famiglia deve essere inteso nel senso moderno, indicato peraltro dai dati Istat, cioè in quanto nucleo familiare, comprendendo quindi anche le coppie senza figli e i single.

Se mettere al centro dell’attenzione delle strategie di marketing del bricolage la famiglia è doveroso per le dimensioni numeriche di tale target, sarebbe sciocco trascurare quei segmenti di consumo che possiamo comprendere nelle logiche dell’hobby, cioè dell’attività svolta con passione e in funzione di una propria gratificazione personale.

Infatti gli hobbisti della lavorazione del legno, uomini, e le amanti della decorazione (decoupage, stencyl, candele, ecc.), donne, pur non rappresentando milioni di individui sono comunque segmenti importanti da un punto di vista sia commerciale, sia in quanto testimonial e promotori diretti del gusto della manualità e del fare da sé. In entrambe i casi è giusto sostenerli e sviluppare prodotti e comunicazione mirate e specializzate per le loro esigenze.

Tutto sommato stiamo comunque parlando di centinaia di migliaia di persone.

Certamente l’elaborazione di concetti e l’impostazione di strategie ragionate in una logica mass market, in funzione quindi della soluzione di bisogni  sia di carattere pratico (si è rotta una piastrella, devo sostituirla; lo zio mi ha rovinato il tavolo con il suo sigaro, devo porvi rimedio; le pareti della cucina fanno schifo, devo dare una rinfrescata;  il rubinetto perde, devo cambiare la guarnizione; ecc.) che di miglioramento estetico (basta con i muri bianchi, ho voglia di colore; lo stile si vede dai particolari, cambio le placche degli interruttori; questo tavolino rosso è terribile, rivoglio il legno naturale; ecc.) sono straordinariamente diverse rispetto all’approccio che si deve avere quando ci si rivolge ad un pubblico specializzato e preparato come è quello degli hobbisti.

Nel primo caso, quello del mass market, funziona benissimo anche la vendita ad impulso, nel senso che la vista del prodotto può suscitare il ricordo del problema da risolvere o della voglia da soddisfare, nel caso dell’hobbista invece si parte spesso da un’esigenza precisa che, per essere risolta ha bisogno dei giusti prodotti.

L’hobbista specializzato e appassionato non è incasellabile negli schemi strategici del mass marketing. Le esigenze dell’hobbista sono diverse da quelle del consumatore generico, esiste la tensione a comunicare la propria passione e la necessità di sentirsi parte di un gruppo, in questo senso bisogna considerare superato anche il “marketing one to one“, tanto di moda in questi anni, che prevede un legame personale con il singolo cliente (le fidelity card ne sono un’espressione) privilegiando invece le nuove teorie di “marketing tribale” orientate a mantenere il legame tra i clienti stessi aiutandoli a condividere le loro passioni, creando un valore di legame nel marchio o nel prodotto, facendo leva sul bisogno di autenticità dei consumatori, puntando sull’attenzione ai gesti quotidiani e ai dettagli e celebrando riti intorno al prodotto.

Su questo particolare aspetto molto interessante è un articolo, pubblicato sulla rivista “Impresa & Stato” della Camera di Commercio già nel 1997, di Bernard Cova, sociologo considerato tra i massimi esperti di “marketing post moderno” e autore del volume “Il marketing tribale” edito in Italia nel 2003 da Il Sole 24 Ore.

In tale articolo Bernard Cova entra nel dettaglio proprio del bricolage:

Il bricolage può essere descritto come l’attività di un individuo che “lavoricchia” e così facendo si lavora un’identità. Il bricolage è un’attività in piena espansione dove la logica del legame sembra dover provocare un mutamento del modello di consumo con conseguenze precise sul piano della distribuzione. In effetti, il “bricoleur” medio:
1. aggira sempre più il circuito della distribuzione moderna per servirsi di reti di distribuzione di prodotti e di servizi che funzionano sulla base del legame;
2.modifica sempre più la finalità puramente commerciale dei luoghi della distribuzione moderna per farne luoghi di legame.

Il tipo di persona che si dedica al “fai da te” funziona in rete con altri lavoratori dello stesso tipo sulla moda delle reti di scambio di sapere dove si fanno buoni affari.

Sulla base delle informazioni ricevute, andrà a comprare le pietre direttamente in fabbrica e pagherà in contanti, poi farà più di cento chilometri per acquistare i pezzi che gli servono e che un amico ha rintracciato da un ferrivecchi, o andrà direttamente da Emmaus.

Farà il giro dei magazzini di fabbriche e di vendite all’asta.

Avrà anche le sue entrature da alcuni grossisti di materiali e recupererà molti elementi da amici, in regalo, o in baratto.

Senza parlare dei “giri” e altre “cadute di camion”.

I suoi acquisti sfuggono così largamente al sistema della distribuzione moderna rappresentato dai grandi magazzini del “fai da te” e si appoggiano sul legame sociale.

E se andrà in questi magazzini moderni, sarà forse per fare qualche acquisto complementare, ma soprattutto per incontrare il consigliere del reparto falegnameria che conosce da cinque anni o per incontrare altri come lui e scambiare trucchi e astuzie.

In questo caso si hanno, insieme, aggiramento e modifica delle finalità proprie della distribuzione moderna da parte e per il legame sociale.

Gli appassionati del “fai da te” si costruiscono così delle situazioni permanenti, senza seguire una strada predeterminata dalla società dei consumi, ricomponendo un mondo fatto a casaccio a partire dal legame sociale locale.

Possono essere qualificati come “costruzionisti”, contraddicendo l’approccio deterministico della distribuzione moderna che cerca di anticipare ogni possibile desiderio del cliente.

Ciò non impedisce ai grandi distributori, in presa diretta con questo cambiamento del consumo, di reagire con esperienze del tipo “festa della riuscita” per la Leroy-Merlin (vendita all’asta all’esterno del magazzino sotto un grande tendone con un’atmosfera da circo) o trocathlon per la Decathlon (gigantesca borsa di scambio di articoli sportivi sul parcheggio del magazzino) per tentare di recuperare queste deviazioni dei consumatori.

Il caso del bricolage è rivelatore non di una tendenza marginale ma di una tendenza marcata in termini di comportamento quotidiano.

Infatti, se si può seguire l’emergere di queste pratiche alternative attraverso movimenti di contro-cultura come il movimento comunitarista degli Stati Uniti, il New Age e la cultura delle raves in Gran Bretagna (che mobilita molti milioni di giovani ogni fine settimana) o il movimento di resistenza umana intorno al giornale Cuore in Italia (il più grande successo della pubblicistica italiana negli ultimi cinque anni), è la vita quotidiana nel suo insieme e per una maggioranza delle nostre società occidentali che sembra “toccata” da questo mutamento.

Così, un dirigente che trascorre la maggior parte della sua giornata in un’impresa che gli chiede di aderire al suo codice di valori, di lavorare in un progetto di gruppo pluridisciplinare, di non contare il suo tempo…, si ritrova in men che non si dica ad avere come legami sociali fondamentali quelli del lavoro.

E questa tendenza si accentua per le persone che vivono nell’anonimato delle megalopoli e lavorano in settori dove la nozione di conflitto sociale è considerata anacronistica: si fanno letteralmente assorbire dalla loro impresa.

Ma poiché la crisi economica ha dimostrato l’inconsistenza del valore della vita professionale e della libertà individuale, l’insicurezza dell’occupazione è quella che è, il nostro dirigente non trova più soddisfazione esistenziale in questa situazione e cercherà modi diversi per colmare il suo desiderio di comunità. Il suo quotidiano e dunque il suo consumo ne risentiranno.

Egli cercherà nuovi luoghi di legame; darà, offrirà oggetti che gli permettano d’iniziare (o di riattivare) un legame, una relazione; parteciperà a diverse reti che gli permettano di costruire, sviluppare e mantenere delle relazioni.

Globalmente, si può dire che cercherà di costruirsi un consumo che aggira e modifica il sistema degli oggetti della società di consumo. Così si spiega il successo delle associazioni, dei clubs e delle altre forme di raggruppamento comunitario intorno ad una tematica.”

E’ evidente che Bernard Cova parla di chi ha adottato il bricolage in quanto proprio hobby personale, che lo appassiona e lo gratifica, quindi, come ho già avuto modo di sottolineare di un segmento, una nicchia del potenziale ambito di consumatori di prodotti per il bricolage. Un segmento tuttavia importante e molto impegnativo. Probabilmente molto più orientato alla distribuzione tradizionale che a quella moderna, ma che per quest’ultima può rappresentare, oltre che un’opportunità di business, uno stimolo di crescita e di miglioramento notevole (“…se andrà in questi magazzini moderni, sarà forse per fare qualche acquisto complementare, ma soprattutto per incontrare il consigliere del reparto falegnameria che conosce da cinque anni o per incontrare altri come lui e scambiare trucchi e astuzie …” dice Bernard Cova).

Questa importante nicchia di hobbisti deve essere poi ulteriormente segmentata.

I due macro segmenti che si possono in primo luogo individuare sono la lavorazione del legno, tutto al maschile, e la decorazione, tutta al femminile.

Per quanto riguarda l’uomo è interessante l’analisi pubblicata nel 2004 da Herbert Kiplin, esperto di new media e comunicazione tematica, in merito al successo della newsgroup internet “it.hobby.fai da te” che, guarda caso, come sottotitolo esplicativo si dettaglia in “Far da sé col legno ed altri materiali”.

Tale articolo peraltro è una testimonianza di quanto le riflessioni che stanno alla base delle teorie di “marketing tribale” siano esatte.

Il fai da te in Italia non ha mai goduto di un grande sostegno e di grandi investimenti in comunicazione – spiega Herbert Kiplin – , nonostante ciò, o forse proprio a causa di ciò, i bricoleur, con il loro newsgroup it.hobby.faidate, rappresentano, con 12.131 messaggi lasciati dall’1 giugno al 15 luglio 2004, la comunità più importante del mondo delle newsgroup. Seconda solo a it.hobby.motociclismo (37.656 messaggi nello stesso mese e mezzo), ma prima rispetto a it.hobby.cucina (5.236),  it.hobby.elettronica (4.444), it.hobby.acquari (3.547) e alle tante altre stanze esistenti. Questi dati numerici sono ottenuti dalle indicazioni pubbliche di Excite.it, portale che consente di limitare la ricerca all’ultimo mese e mezzo, un periodo di tempo circoscritto che ci consente di tentare qualche riflessione tendenziale.

Il primo aspetto che si deve sottolineare riguarda l’entità numerica del fenomeno, perché 12.131 messaggi in un mese e mezzo di tempo sono davvero tanti. Basti pensare che se ipotizziamo una media realistica di lunghezza del messaggio di 500 battute (6/7 righe) otteniamo una quantità di testo, in un solo mese e mezzo, sufficiente per pubblicare 15 volumi da 200 pagine ciascuno o 40 riviste con una fogliazione intorno alle 100 pagine. Non è poco. Soprattutto perché i contenuti di tali messaggio sono molto spesso di ottima qualità, sia in sede di domanda che di risposta. Nella newsgroup it.hobby.faidate si può veramente trovare di tutto: i messaggi si alternano tra contributi di esperti veri e domande e interlocuzioni di “apprendisti bricoleur”, che trovano nella newsgroup la possibilità di accedere a opinioni e consigli di “colleghi” dalla provata esperienza. La maggior parte dei messaggi pongono questioni o problematiche di carattere tecnico, in funzione, sempre, della soluzione di un problema.

I partecipanti a questa newsgroup, in grandissima prevalenza uomini, sono molto pragmatici e molto precisi nelle loro richieste e nelle loro risposte. Globalmente potrebbero rappresentare la frangia evoluta, moderna e appassionata del movimento fai da te del nuovo secolo. Un consumatore moderno che compra anche in e-commerce, ma che tuttavia “compra” non “acquista” (vedi tabella dei verbi), mantenendo un rapporto con l’oggetto, il materiale, l’utensile che entra a far parte della propria passione. Un target quindi estremamente interessante per gli uffici marketing delle aziende della produzione e delle distribuzione del settore fai da te.
Entrando poi nel vivo della newsgroup abbiamo fatto una ricerca sulle parole maggiormente utilizzate nei messaggi, nel tentativo di capire quali fossero gli argomenti e quindi gli interessi più frequenti. Nelle passioni il legno è al primo posto, seguito dagli altri materiali, a testimonianza di una particolare predisposizione ad un fai da te di alto livello, dove l’obbiettivo è la realizzazione di un manufatto o l’esecuzione di un intervento di manutenzione. Molto importante è anche la circolazione delle informazioni relativamente ai prodotti, ai loro prezzi, alle loro caratteristiche tecniche, ma soprattutto alle promozioni proposte dalle diverse catene di distribuzione. Proprio relativamente ai riferimenti distributivi di questo specifico target, rileviamo che il vocabolo negozio è presente in 186 messaggi, centro fai da te in 195, ferramenta in 138 (tenendo conto che in tale termine è compreso anche l’uso per indicare un mercato e un prodotto) e colorificio in soli 25 messaggi. Questa scarsa attenzione verso il colorificio fa parte delle caratteristiche del target, tendenzialmente più orientato alla costruzione di un manufatto che non alla sua finitura, infatti anche i vocaboli vernice o pittura non occupano i posti alti della classifica delle citazioni.

Un suggerimento: presupponendo, a questo punto dell’articolo, l’interesse, la strada più semplice per approdare alla newsgroup fai da te è quella offerta dal portale google.it, che ha in home page la sezione “Gruppi”, clikando si accede a “it. gruppi di discussione in italiano” e poi all’elenco delle famiglie di discussione, dove si trova il “.hobby” e infine il “it.hobby.faidate”. Si entra e si legge immediatamente.”

HOBBY
nr. messaggi periodo
01/06-15/07/2004
it.hobby.motociclismo
37.656 
it.hobby.fai-da-te 12.131
it.hobby.cucina 5.236
it.hobby.elettronica 4.444
it.hobby.cicloturismo 3.960
it.hobby.scacchi 3.547
it.hobby.acquari 2.682
it.hobby.nautica 2.627
it.hobby.modellismo 2.562
it.hobby.giardinaggio 1.674
it.hobby.pescare 1.140
it.hobby.piante grasse
 
LE PAROLE
PIU’ RICORRENTI
nr. messaggi periodo
01/06-15/07/2004
Legno
 803
Ferro
 500
Metallo
 201
Muro
 456
Cemento
 383
Malta
 120
Plastica
 386
Porta
 365
Carta
 331
Colore
 314
Vernice
 300
Trapano
 276
Colla
 246
I VERBI
PIU’ RICORRENTI
 nr. messaggi periodo
01/06-15/07/2004
Comprare
 219
Acquistare
 130
Tagliare
 182
Montare
 175
Pulire
 136
Saldare
 126
Incollare
 92
Fissare
 84
Lucidare
 40

Per quanto riguarda invece la decorazione, territorio tutto femminile, le considerazioni già fatte sull’importanza di sviluppo di strategie di “marketing tribale” non cambia, anzi, bisogna sottolineare che le “donne creative” si sono già strutturate in decine di associazioni estremamente attive come l’Associazione culturale Filo Filò, Decoupage Italia, Casa Patchwork & Quiting, l’Associazione culturale Creart, il Laboratorio del Piccolo Popolo e tante altre ancora.

Rispetto alla crescita e all’importanza di questa tendenza delle donne italiane verso la decorazione e il bricolage creativo è significativo, per esempio, che le attività legate alla decorazione comincino a fare capolino nella letteratura nostrana.

Il caso più recente l’ho riscontrato nell’ultimo romanzo “giallo” di Giuseppe Pederiali, del quale tra l’altro ve ne consiglio la lettura, intitolato “Camilla e i vizi apparenti“, edito nel settembre 2004 da Garzanti, dove Matilde, guarda caso la moglie di una coppia senza figli, per nascondere al marito i suoi incontri extra coniugali gli dice

Che frequenta a Ferrara un corso di decoupage, e che cerca un negozietto da prendere in affitto, in centro. Le piacerebbe vendere scatole decorate, cestelli da ricamo, vetri dipinti, cose del genere che definisce “Belle e Utili”, e con questo nome aprire il negozio. Idea che le piace davvero, anche se in questi giorni la usa solo per restare a lungo fuori casa imbastendo utili pasticci con orari e luoghi“.

Questo passaggio è davvero significativo perché solo fino a pochi anni fa probabilmente l’autore avrebbe parlato di una boutique, oppure un di centro estetico, o di una società di pubbliche relazioni.

La donna quindi deve essere considerata oggi come un segmento importante del target di riferimento del mercato dei prodotti per il bricolage, essa oltre ad essere hobbista di quella branca che viene definita “bricolage creativo” è anche, spesso, stimolatrice e guida degli interventi di bricolage eseguiti dall’uomo.

E’ indubbio infatti che il tipo di rivestimento e il colore delle pareti di casa è stabilito dalla donna, lasciando all’uomo gli aspetti tecnici relativi alla scelta del tipo di pittura e della sua applicazione, alla quale partecipa svolgendo le mansioni meno faticose e dove è richiesta maggiore precisione.

Per intenderci: il soffitto è compito dell’uomo, mentre le finiture intorno a porte e finestre sono spesso appannaggio della donna.

Così accade per molti altri lavori di manutenzione e abbellimento della casa.

Prima di concludere questo capitolo dedicato al consumatore di prodotti per il bricolage bisogna introdurre un’ultima categoria che, negli anni ’70, veniva definita come quella dei “semiprofessionisti“.

Una categoria composta da secondolavoristi, da pensionati e da disoccupati che, non certo per hobby, si proponevano per lavori di manutenzione o di riparazione a costi contenuti e rigorosamente in “nero“.

Si tratta di una categoria che emerge nei momenti di crisi economica di una società, cioè quando le fasce di reddito più basse fanno fatica a tirare la fine del mese.

Negli anni ’70 la categoria dei cosiddetti semiprofessionisti era particolarmente importante nello spettro dei consumi di ferramenta, vernici e utensileria, tanto da essere affiancata nelle indagini dell’epoca alle categorie degli hobbisti e degli occasionali.

Tra gli economisti si sta formando la convinzione che l’attuale contesto economico si stia indirizzando verso un percorso simile a quello già sperimentato negli anni ’70, caratterizzato dalla concomitanza di un tasso di inflazione e di disoccupazione straordinariamente preoccupanti.

A suscitare questa similitudine sono la forte salita del prezzo del petrolio e il suo possibile impatto sull’economia mondiale.

Naturalmente esistono alcune differenze fondamentali tra l’attuale situazione e quella degli anni ’70, che, tutto sommato, possono rassicurare purché la situazione venga gestita verso il miglioramento.

Le differenze sono sostanzialmente tre:
1.    lo shock petrolifero è inferiore a quello vissuto negli anni ’70;
2.    l’economia mondiale è meno dipendente dal petrolio, in termini di incidenza sul PIL;
3.    la crescita del prezzo del petrolio è oggi causata da una crescita della domanda e non da un taglio della produzione.

Tuttavia, come lo stesso Alan Greenspan (presidente della Federal Riserve) ha dichiarato, non si può pensare che la crescita delle quotazioni del greggio non rappresenti una tassa significativa per le popolazioni dei Paesi consumatori.

Per affrontare tale situazione gli economisti indicano due strade possibili: in entrambe i casi saranno i lavoratori e i consumatori a sopportare i problemi legati all’incremento dei costi energetici.

Il primo scenario, che fu percorso negli anni ’70, prevede una crescita dei salari per poter compensare i più elevati prezzi del petrolio (erano gli anni in cui esisteva ancora la cosiddetta “scala mobile” che legava i salari all’inflazione e al costo della vita).

Il problema è che le aziende, a fronte degli aumenti salariali, trasferiscono necessariamente questa crescita dei costi interni sui prezzi al consumo, dando vita ad una spirale inflazionistica che, se raggiunge i valori record della fine degli anni ’70, sostanzialmente vanifica qualsiasi aumento salariale mettendo in crisi l’economia delle famiglie con le fasce di reddito più basse.

Il secondo scenario invece, che è quello che si sta percorrendo oggi, prevede un congelamento dei salari, lasciando ovviamente ai consumatori minori fondi da spendere in beni non-oil.

Come conseguenza il livello generale dei prezzi resterebbe inalterato così come l’inflazione, ma in realtà il rapporto relativo tra i prezzi e i salari ne risulterebbe comunque sostanzialmente modificato.

Uso il condizionale “resterebbe” perché in Italia i consumatori, oltre allo shock petrolifero, stanno subendo anche l’incremento generalizzato dei prezzi causato dal passaggio dalla lira all’euro.

Una variabile che ovviamente aggrava fortemente la capacità d’acquisto delle famiglie.

Sulla base degli ultimi dati proveniente da Eurostat, l’istituto statistico europeo, alla fine del 2002 il livello di ricchezza degli italiani risulta inferiore alla media dei 15 Paesi UE, con un calo rispetto al 1995 assolutamente preoccupante.

Infatti, essendo pari a 100 il parametro che divide i Paesi di serie A da quelli di serie B nell’ambito dell’UE, l’Italia è passata dal 104 del 1995 al 98 del 2002. I fenomeni di tale classifica risultano il Lussemburgo, che la guida a quota 189 e l’Irlanda che è passata dal 90 del 1995 al 125 del 2002. La Germania è la Nazione spartiacque assestandosi a 100 e sotto quota 100 si collocano l’Italia, appunto, insieme a Spagna, Grecia e Portogallo, con la sostanziale differenza che questi tre Paesi manifestano un trend in crescita: la Spagna è passata da 79 nel 1995 a 86 nel 2002, il Portogallo da 66 a 71 e la Grecia da 65 a 71.

Tornando ora al mercato del bricolage si può ipotizzare che il perpetuarsi di questa difficoltà economica delle famiglie potrà portare ad una rinascita di quella categoria di “semiprofessionisti” che negli anni ’70 costituì una fonte di fatturato significativa per i mercati della ferramenta, delle vernici, dell’utensileria e in generale di tutti i prodotti per la manutenzione, la ristrutturazione e la riparazione della casa.

Un’indagine dell’epoca segnalava che, a fronte di un 50,3% di occasionali e un 26,7% di hobbisti, esisteva un 8,7% di semiprofessionisti che facevano interventi di bricolage su commissione e a scopo di lucro.

Infine è interessante segnalare un’altra anomalia tutta italiana, cioè una percentuale del 29% di occupazione indipendente (soprattutto artigiani) rispetto all’occupazione totale. Un dato tre volte superiore a quello della Germania e più che doppio rispetto a Francia, Danimarca e Olanda.

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